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12 Ottobre 2017
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12 Ottobre 2017
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Democratica

Della Redazione Di Democratica

n. 48 giovedì 12 ottobre 2017
“Se i Cinque stelle risultano danneggiati è per loro colpa, perché rifiutano di coalizzarsi”. (Sabino Cassese)
Un passoavanti
Legge elettorale Contro chi vuole bloccare tutto, un sistema di voto migliore che restituisce potere ai cittadini e garantisce governabilità
IL COMMENTO

Diritto fallimentare, una riforma importante
Alfredo Bazoli
IIeri il senato ha approvato in via definitiva, senza emendamenti, il testo di riforma della legge fallimentare. Si tratta di una riforma molto ambiziosa e che, a dispetto della colpevole distrazione con la quale è stata trattata dai media, può avere un impatto molto rilevante sul tessuto economico del nostro paese.
SEGUE A PAGINA 3
A PAGINA 2
REFERENDUM
Quanto ci costa la propaganda leghista
A PAGINA 6


#10ANNIPD
La sinistra di governo che serve all’Italia
Claudio Petruccioli
FFesteggerò il decimo compleanno del PD convinto e contento; come fosse il mio o di un familiare stretto. Non fraintendetemi: non ho nessun titolo da esibire per la nascita del festeggiato. Nell’autunno 2007 avevo un incarico alla Rai; mi sembrava doveroso astenermi da atti di significato politico. Il 14 ottobre non andai, perciò, a votare; il mio nome non c’è fra i tre milioni e mezzo che parteciparono a quelle primarie e guadagnarono, così, la qualifica di “fondatori”. Non sono stato fondatore del PD neppure in questo senso, piuttosto “lasco”. Mi definirei piuttosto uno “spalatore”: uno di quei lavoratori che vanno (andavano; adesso ci sono i caterpillar) di pala e piccone, per rimuovere ostacoli, spianare terreni, aprire varchi; un lavoro indispensabile per qualunque opera, anche la più audace e innovatrice. Di spalatori come me ce ne sono stati milioni, ben più dei fondatori del 14 ottobre; fra i quali, pure, gli spalatori sono stati tanti. Si sono dati da fare per anni, per decenni, ciascuno secondo capacità e opportunità. Può darsi che io, mentre spalavo e picconavo, rimuginassi e pensassi più di altri; ma nessuno si metteva a faticare se non aveva in mente qualcosa; un obiettivo, una direzione verso cui muoversi. Se non ricordo male, ho cominciato a scavare e spalare agli inizi degli anni ’80, dopo la fine dell’esperienza che fu definita “solidarietà nazionale” (1976-1978). Fino ad allora – con tutti i guai che pure c’erano – la Repubblica ancorata alla Costituzione e all’antifascismo, la consociazione per cui si poteva governare anche “dall’opposizione”, soprattutto la forza del Pci mi consentivano di pensare che quel che credevo e volevo andava avanti nella realtà; non era un’illusione. Poi, cambia l’Italia e cambia il mondo. Soprattutto, passa il tempo: quello che per cinque, dieci anni poteva apparire ovvio, normale, dopo venti comincia a sembrare strano; e dopo trenta, incomprensibile.
SEGUE A PAGINA 5
GIUSTIZIA
Più vicina l’estradizione di Battisti
A PAGINA 3
Legge elettorale
La responsabilità di decidere

Democratica CONDIVIDI SU

“L“Le leggi elettorali non sono la soluzione del problema”. Lo ha detto Matteo Renzi, durante la presentazione, a Roma, del libro ‘Pd davvero’ di Piero Fassino, insieme all’ex direttore di Repubblica Ezio Mauro. Un confronto che ha toccato vari temi dell’attualità politica, dall’Italia all’Europa, per poi chiudersi con l’inevitabile domanda finale sull’acceso dibattito di queste ore sulla legge elettorale. E qui Renzi si è tolto qualche sassolino dalla scarpa.
“Io avevo un’altra idea delle riforme istituzionali, però è stata sconfitta il 4 dicembre. Quel disegno che era totalmente in linea con la storia della sinistra: ballottaggio, superamento del bicameralismo paritario, democrazia dell’alternanza, il vero antidoto alle larghe intese. Quell’idea era organica e chiara, ma oggi è impraticabile perché non puoi avere un ballottaggio quando hai due camere uguali e con le stesse funzioni”.
Si è arrivati, quindi, alla situazione odierna, con la richiesta di fiducia per far passare il cosiddetto Rosatellum bis, una legge che prevede l’elezione dei parlamentari con sistema misto proporzionale e maggioritario. “Non è il nostro modello ideale – specifica il segretario del Pd – ma, avendo il 36% di collegi uninominali, è un po’ meglio del
Consultellum che era tutto proporzionale”. Sulle pesanti contestazioni in corso in queste ore, soprattutto da par
te del Movimento 5 Stelle, Renzi non le manda a dire: “Siamo all’assurdo. Dov’è l’elemento fascista nell’introdurre i collegi?. Prima abbiamo proposto un modello co
stituzionale e ci è stato bocciato, poi abbiamo detto che ci andava bene il Mattarellum e ci hanno detto di no, poi abbiamo trovato l’accordo sul tedesco e ce l’hanno fatto saltare i franchi tiratori, poi abbiamo detto che eravamo disponibili a votare con il Consultellum e ci hanno detto che non fare la legge elettorale sarebbe stato assurdo, poi abbiamo dato la disponibilità al Rosatellum e ci hanno dato dei fascisti. Noi abbiamo sempre detto di sì, gli altri, quelli che oggi contestano, hanno sempre e solo detto di no. Gli stessi che sono in piazza oggi in difesa delle vecchia legge, erano in piazza ieri a contestare questa stessa legge”.
Renzi ha poi risposto a Ezio Mauro che aveva definito un “colpo di mano” la scelta di porre la questione di fiducia: “E’ uno strumento parlamentare legittimo. Certo, avrei preferito trovare un accordo con tutte le altre forze politiche, ma non è stato possibile”.
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Paura a Cinque Stelle
“…una legge che toglierà al M5S una sessantina di seggi“.
Quando il Pds voleva abolire le preferenze
MMdp vorrebbe le preferenze e non placa la protesta contro il Rosatellum bis. Peccato che molti di chi oggi si trova nelle sue fila si rifà direttamente alla storia della sinistra, e dunque anche a quella del Partito Democratico della Sinistra. Quello che negli anni ’90 tuonava contro le preferenze che “alimentano tangenti e corruzione”.
Giustizia “Mio fratello ucciso da Cesare Battisti nel giorno in cui si comprò l’Alfasud. I veri proletari eravamo noi”. Maurizio Campagna, fratello di Andrea, ucciso nel 1979 A fianco Andrea Campagna, agente di Polizia ucciso da Cesare Battisti nel 1979 Sotto, Cesare Battisti in Brasile che brinda subito dopo il rilascio. Battisti è un assassino, restituitelo all’Italia
Diritto fallimentare, una riforma importante

Alfredo Bazoli CONDIVIDI SU
Segue dalla prima

LLa legge è molto articolata e complessa, anche tecnicamente, e tuttavia credo sia possibile tentare una sintesi semplice e comprensibile che ne disveli la rilevanza.
La crisi di questi anni ha messo a nudo i limiti dell’attuale disciplina, più volte aggiornata, ma il cui impianto risale al 1942.
Gli istituti e i meccanismi volti a favorire la continuità delle imprese in crisi non hanno mai funzionato correttamente, perché gli imprenditori hanno sempre tardato ad utilizzarli, quando oramai lo stato di decozione e insolvenza era conclamato, e non vi era più nulla da fare.
Allora la principale innovazione di questa riforma interviene proprio su questo, e introduce nuovi meccanismi finalizzati a fare emergere prima la crisi delle aziende, ad acciuffarle prima che si trasformino in concla
mata insolvenza.
Non entro nei tecnicismi, non è questa la sede, ma dico che se come speriamo quei meccanismi funzioneranno, allora noi consentiremo alle aziende in grado di farlo di uscire da una crisi temporanea, e alle altre di uscire più rapidamente dal mercato.
Con ciò salvaguardando i patrimoni aziendali che se lo meritano, i lavoratori di quelle aziende, il buon funzionamento del mercato, e consentendo ai creditori di quelle che non ce la faranno di soddisfarsi su patrimoni più capienti, ottenendo una migliore soddisfazione.
Obiettivi oltremodo ambiziosi, come si capisce, che possono contribuire a salvaguardare migliaia di posti di lavoro, e che coinvolgono enormi interessi economici: si pensi che solo i crediti degli enti pubblici (agenzia entrate, Inps, comuni, etc) insinuati nei fallimenti oggi pendenti ammontano a oltre 160 miliardi (si miliardi, non milioni…) di euro, e che mediamente vengono pagati all’1,6%. Cosa significherebbe per le sole finanze pubbliche migliorare significativamente quella percentuale di
recupero dei propri crediti?
Ma analogo discorso vale ovviamente anche per tutti gli altri crediti privati, il valore economico dei quali non è certamente inferiore a quello pubblico.
Naturalmente la riforma non si esaurisce qui, ma credo che già questo aspetto spieghi l’impatto che essa può avere sulla vita economica del nostro paese, e la ragione per la quale è stata accolta con diffusa soddisfazione da pressoché tutti i portatori di interesse, dal mondo delle imprese ai professionisti, dal mondo accademico al settore giudiziario specializzato.
Una riforma, va sottolineato, fortemente perseguita e voluta dal Partito democratico e dal governo, e resa possibile dalla stabilità politica di questi anni, che ha consentito di avere i tempi per insediare una commissione di esperti e portare fino in fondo la proposta da essa scaturita. Un piccolo esempio di ciò che significa, per una politica efficace, avere davanti a se un orizzonte stabile e non precario.
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Dal Partito Per il Partito
Un dialogo sulla sinistra italiana

Piero Fassino CONDIVIDI SU
Dal libro “PD Davvero” (eDizione la nave Di Teseo) Da oggi in libreria

IIl 14 ottobre del 2007 nasceva il Partito Democratico. Dieci anni nei quali cambiamenti demografici, economici, sociali, culturali, di costume hanno ridisegnato la società, l’identità di ceti e classi, le gerarchie di valore, i modi di produrre e di consumare, i linguaggi e la comunicazione, le forme dell’organizzazione sociale, le relazioni tra i sessi e i rapporti interpersonali. Cambiamenti che hanno messo a dura prova tutte le culture politiche, ma soprattutto la cultura universalista, cosmopolita, democratica, redistributiva della sinistra e del progressismo. Per un secolo, il Novecento, la sinistra ha esercitato egemonia culturale e politica e affermato i suoi valori grazie a quattro parole – sviluppo, lavoro, protezione sociale, democrazia – che tutte oggi appaiono lesionate e in affanno nell’assicurare quelle certezze di occupazione, di reddito, di futuro dei figli garantite in passato. E in chi ha visto la propria vita investita da insicurezze e precarietà si sono affermati sentimenti di solitudine e di esclusione, sempre più spesso di rabbia. Una nuova frattura tra inclusi ed esclusi attraversa oggi le società dei paesi industriali e su questo terreno è maturato il consenso raccolto da movimenti
antagonisti e populisti.
Ed è la sinistra a subirne le conseguenze più dure con forti ridu
zioni di consenso, spesso proprio nei territori e nelle articolazioni
sociali dove più forte era il suo radicamento storico.
Di fronte a tutto ciò che cosa deve fare una sinistra che non si rassegni a una condizione di minorità? Con quali scelte far vivere valori di democrazia, uguaglianza, libertà nel tempo della globalizzazione, dei mercati aperti, del web? Quale rapporto tra lavoro umano e tecnologie? Come si ripensa uno sviluppo capace di non compromettere il futuro del pianeta, le sue risorse naturali, la sua vivibilità? Come si affermano i diritti in una società flessibile? Come rimettere in funzione gli “ascensori sociali” e offrire così a ognuno opportunità fondate sul merito?
Come si offrono ai giovani opportunità di investimento sulle proprie capacità e aspirazioni? Come si costruisce una società multiculturale che non chieda rinunce all’identità e renda ciascuno libero da paure ? E come si gestiscono le nuove ambivalenze del nostro tempo: sovranità/sovranazionalità, Occidente/Oriente, individualità/comunità, diritti/doveri, lavoro/tecnologie, integra-zione/identità, integralismo/laicità? E cosa devono essere e come devono strutturarsi oggi i partiti per riconquistare credibilità e consenso? “Domande scomode” certo, ma a cui non si può sottrarre una sinistra riformista con ambizioni di governo. Il decennale del PD – un partito “nuovo” nato per mettere in campo “un pensiero nuovo per un secolo nuovo”– offre l’occasione per una tale riflessione, tanto più necessaria in un momento in cui l’Italia e l’Europa sono chiamate a una profonda ridefinizione della loro identità e delle loro politiche.
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#10annipd
Dieci anni
Il Paese ha bisogno di una sinistra di governo. La grande sfida del Pd

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Claudio Petruccioli
Segue dalla prima
Per quanto tempo un partito, pur forte, serio, in­

fluente, può andare avanti senza porsi l’obiettivo di governare? Non solo di “entrare nel governo”, ma di assumere la responsabilità del governo, di fronte alla nazione, su mandato dei cittadini e vin­cendo in una competizione aperta. Questo inter­
rogativo il Pci non volle mai porselo, neppure quando era diventato impossibile evitarlo. Io – e, come me, tantissimi altri intorno e dentro al Pci – cominciammo, invece, a chiedercelo; e mettemmo mano a pala e piccone.
Quando cadde il Muro a Berlino, il 9 novem-
dei cittadini, favorevoli o contrari che siano. Non prendetemi per stupido: il colpo subito il 4 dicembre scorso è stato durissimo; posso dirlo con piena cognizione di causa. Puntai infatti moltissimo sul vittorioso referendum del 18 aprile del 1993 (83% per il passaggio al maggioritario) e su quello di sei anni dopo – 18 aprile ‘99 – con il quale si voleva eliminare la zavorra della perdurante quota proporzionale. I favorevoli furono quasi 22 milioni; mancarono però 160.000 voti al raggiungimento del quorum previsto in Costituzione: tutto inutile.
L’ambiente istituzionale fisiologico per la sinistra di governo è – lo so bene – quello nel quale i cittadini attribuiscono direttamente con il voto il mandato a governare. Con la vittoria del NO nell’ultimo referendum costituzionale, scivoliamo invece di nuovo verso la palude del proporzionalismo a contrattazione continua e con efficienza vicino allo zero. Dopo questo verdetto, però, l’Italia ha ancor più bisogno – se possibile – di una forte sinistra
Roma – 14 ottobre – ore 10:30
2007-201710ANNIPD
bre dell’89, il lavoro si fece ancor più intenso;
di governo. E’ infatti la politica a dover affron-
Teatro Eliseo via nazionale
riguardava ormai la nostra stessa sopravvi-
tare vuoti e trappole che, con la riforma, sarebvenza. Gli incentivi crebbero nei primissimi
bero stati eliminati dal buon funzionamento anni ’90; quella che Pietro Scoppola aveva esat-
delle istituzioni. Senza dire che, con istituzioni tamente e nobilmente definito “Repubblica
sconnesse, solo un solido baricentro politico dei partiti” stava infatti crollando per collasso
può assicurare un minimo di governabilità. strutturale, prima ancora che per i colpi della
Sento l’obiezione: sarà difficilissimo. Sì, lo magistratura: si doveva preparare il “dopo”. sarà; ma non è impossibile. La forza genetica
Cercavo, volevo (cercavamo, volevamo) una del PD è grande: alla faccia di chi, da quando “sinistra di governo” per l’Italia. La sinistra è è nato aspetta solo che quel partito nuovo si “di governo” se, in quanto sinistra, assume il
scomponga e si sfasci. Lo abbiamo verificato governare come obiettivo permanente ed es-
walter veltroni proprio nei momenti peggiori: dopo lo sban
senziale della propria azione e della propria
paolo gentiloni damento totale seguito al voto del 2013; e, di funzione politica; dirò di più, se è orgogliosa di
matteo renzi nuovo dopo la dura sconfitta nel referendum
governare, fiduciosa di quel che può e sa fare governando convinta che i suoi sostenitori, tutti i cittadini, la nazione intera possono averne miglioramenti che altri non sanno e/o non vogliono assicurare.
Abbiamo sperato, creduto che la strada potesse essere quella dell’Ulivo; ma l’Ulivo fu ucciso nell’autunno 1998, quando al governo Prodi fu tolta la maggioranza in Parlamento. E, poi, diciamola tutta: la sinistra che stava nell’Ulivo non ha mai pensato che il governare fosse una dimensione alla quale non sottrarsi; pensava, se mai, a una sorta di CLN per cacciare Berlusconi. E gli altri, nell’Ulivo, erano convinti, che la funzione di governo spettava a loro garantirla.
La “sinistra di governo” è diventata concreta, nella politica italiana, dieci anni fa, con la nascita del PD. Veltroni si dimise dopo neppure un anno e mezzo perché – disse – non gli facevano fare quel che lui avrebbe voluto. Ancora forte era, evidentemente, l’ipoteca di quella che conosceremo più tardi come “la ditta”.
Il PD poteva finire lì. A raccogliere il testimone, a correre l’ultima frazione e a tagliare il traguardo, l’8 dicembre del 2013, è stato un outsider: Matteo Renzi.
Da allora penso, sento che un lungo processo non dico sia diventato irreversibile, ma è diventato chiaro e comprensibile per la generalità
del 2016.
Se c’era bisogno di una prova che il PD non è PdR (acronimo per “Partito di Renzi”, inventato se non sbaglio da Ilvo Diamanti) l’abbiamo avuta proprio dopo la sconfitta referendaria. Renzi si è ritirato dal governo ma il PD ha continuato ad assicurare all’Italia una direzione politica e amministrativa autorevole ed efficiente, con Paolo Gentiloni e tutti gli altri, in continuità con la determinazione riformistica del precedente governo.
Per quel che riguarda Renzi, questa volta non è stato lui a rianimare il PD, come è accaduto l’8 dicembre 2013; si è affidato lui al PD, il quale lo ha risollevato e gli ha ridato fiducia, prima con il voto degli iscritti, poi con il voto degli elettori il 30 aprile 2017.
Nel primo compleanno a doppia cifra, possiamo dire che il PD ha trovato amalgama, senso e funzione, nell’essere la “sinistra di governo”; nell’esserlo in modo aperto, dinamico, inclusivo. Non a caso Giuliano Pisapia, quando ha voluto far capire senza equivoci quale fosse il punto al quale non intende rinunciare, ha usato esattamente quelle semplici tre parole: “sinistra di governo”.
Noi, vecchi spalatori, siamo contenti e alziamo il calice. Prosit e buona fortuna. Ne abbiamo bisogno, tutti.
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SU DEMOCRATICA.COM
Catalogna
L’ultimatum di Madrid

Stefano Cagelli CONDIVIDI SU

MMadrid ha dato al presidente indipendentista catalano Carles Puigdemont fino alle 10 del mattino di giovedì 19 ottobre per tornare sui suoi passi sulla di
chiarazione d’indipendenza della Catalogna,
dopodiché userà l’arma costituzionale della
sospensione dell’autonomia regionale. Puig
demont ha tempo cinque giorni per “chiari
re” la sua posizione, ha detto il capo del go
verno spagnolo Mariano Rajoy. Se il leader
catalano insisterà o non risponderà, Madird
è risposta a concedergli fino al 19 ottobre per
fare marcia indietro, prima di prendere il
controllo delle istituzioni catalane come pre
visto dall’articolo 155 della costituzione spa
gnola. La sospensione dell’autonomia, senza
precedenti dal 1934, sarebbe considerata dei
catalani come un affronto e potrebbe scate
nare disordini in una regione attaccata alla
propria lingua e alla propria cultura, che ha
recuperato l’autonomia solo dopo al morte
del dittatore Francisco Franco.
Martedì, in una confusa seduta del parla
mento catalano, “è stata annunciata una di
chiarazione unilaterale d’indipendenza che
poi è stata sospesa, ma che più tardi è stata
firmata” ha riassunto sarcasticamente il le
ader del partito socialista, Pedro Sanchez,
che ha parlato di “cerimonia dell’assurdo”.
La leadership indipendentista catalana si
appoggia alla vittoria dei sì al referendum
di autodeterminazione proibito e contesta
to del 1 ottobre, con il 90% dei voti e il 43%
di affluenza, per giustificare la dichiarazio
ne d’indipendenza.
In questa fase essa ha solo un carattere “simbolico” ha detto il portavoce del governo catalano Jordi Turull. “Quel che è accaduto è stato patetico”, ha detto Rajoy, che si è scagliato contro “la favola” degli indipendentisti. Il capo del governo ha respinto al richiesta di dia
logo del presidente catalano che anche oggi in un’intervista alla Cnn ha chiesto l’intervento di una “mediazione”. “Non c’è mediazione possibile tra la legge democratica e la disobbedienza, l’illegalità” ha risposto Rajoy.
La Commissione europea ha ricordato con forza il “pieno rispetto dell’ordine costituzionale spagnolo”. Parigi, Berlino e
Rajoy ha dato cinque giorni a Puigdemont per fare un passo indietro
Roma hanno denunciato
il carattere “illegale” e “inaccettabile” di una dichiarazione d’indipendenza.
A Madrid, il governo ha ricevuto il via libera dei socialisti, principale forza d’opposizione, all’avvio della procedura prevista dall’articolo 155, mai
utilizzato finora. In cambio Rajoy
e Sanchez hanno trovato un accordo per avviare i lavori di una riforma della costituzione dei prossimi mesi, per tentare di risolvere la più grave crisi politica spagnola dal ritorno alla democrazia nel 1977, che divide anche gli abitanti della Catalogna, dove vive un 17% di spagnoli.
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Quanto ci costa la propaganda leghista al Nord?

S.
C. CONDIVIDI SU

CC’è una curiosa modalità di finanziamento della propaganda elettorale che sta sperimentando la Lega in Lombardia e in Veneto: il finanzia
mento diretto dei cittadini a loro insapu
ta. Lo strumento è quello dei referendum
sull’autonomia, che si svolgeranno il 22 ot
tobre e che, nelle intenzioni dei promotori,
dovrebbero dare la forza ai governi regio
nali per andare a trattare con Roma maggio
re autonomia e maggiori competenze, come
previsto dall’articolo 116 della Costituzione.
Peccato che il mandato popolare per apri
re il tavolo, il Consiglio Regionale ce lo abbia
già. E’ quello conferitogli dai cittadini al mo
mento delle elezioni. Il referendum consul-
I costi del referendum in Lombardia
Acquisto monitor
23,0
per voto elettronico
Funzionamento
24,5
dei seggi
Campagna
2,7
pubblicitaria
Spedizione lettere
5,0
a casa dei lombardi
TOTALE
55,2
SPRECO
IN MILIONI DI EURO
tivo, al di là del merito delle questioni che vengono poste, è un chiaro e probabilmente inutile strumento di propaganda politica. Per avviare la trattativa con il governo, come succede in Emilia-Romagna, è sufficiente una delibera del Consiglio.
E invece, a Milano e a Venezia, si è scelta la via dell’inutile rincorsa del bagno di folla. Il tutto sulle spalle delle casse regionali, quindi, dei cittadini contribuenti. Per dare un’idea, la giornata dell’orgoglio leghista costerà circa 70 milioni di euro, circa 14 milioni in Veneto e più di 55 in Lombardia. Ben 23 dei quali spesi per l’acquisto di appositi monitor per il voto elettronico, sulla possibilità di riutilizzo dei quali c’è più di una perplessità. Un giocattolino – come del resto il referendum stesso – che piace tanto alla Lega.
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Sport
Lo Sport? Un protagonista della ripresa del Paese

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Daniela Sbrollini
Responsabile dipartimento Sport PD

LLa ripresa dell’Italia non dovrà essere contraddistinta solo dall’aumento del PIL e dell’occupazione, ma anche dal miglioramento della qualità della vita dei cittadini attraverso un nuo
vo modello di sviluppo del welfare e dell’eco
nomia sempre più inclusivo e dinamico.
Ben si adatta a questo obiettivo il feno
meno sportivo che è un fenomeno vivace e
complesso, un linguaggio universale che in
clude al suo interno tantissimi settori: la sa
lute, l’educazione, l’integrazione, lo sviluppo
economico…
Se pensiamo ad una società moderna e ad
un welfare all’avanguardia non possiamo
che convenire che il concetto di benessere
è un elemento imprescindibile per una so
cietà, non solamente rappresentato dall’as
senza o dalla diminuzione dell’incidenza
delle patologie, ma un dato aggregato che de
riva anche dalle condizioni sociali, psicolo
giche e relazionali di ogni cittadino. Lo sport
è una “medicina” capace di influenzare po
sitivamente tutte queste sfere. I politici e gli
amministratori devono oggi tendere a scri
vere nuove regole che sempre più incorag
gino la nascita di “Healthy City”: contesti ur
bani e periferici progettati per essere capaci
di incentivare stili di vita sani nella società e
nei luoghi di lavoro, una miglior educazione
alimentare e soprattutto u n miglioramento
dell’accesso alle pratiche sportive e motorie
per tutti, secondo il principio dello «sport di
cittadinanza». Proprio su questa linea, all’i
nizio dell’estate, la Camera dei deputati ha
approvato all’unanimità una mia mozione
di indirizzo per il Governo.
Le cose fatte in questi anni sono state
tante, sia in parlamento grazie a proposte
del PD che dal Governo, con l’impegno del
Ministro Luca Lotti. Lo ius soli sportivo, le nuove regole sui defibrillatori negli impianti, la riforma del CIP e gli importanti investimenti per l’impiantistica nelle periferie di tutta Italia, sono solo alcuni esempi delle principali novità del settore. In queste settimane è’ allo studio un nuovo “pacchetto sport”, una serie di proposte, che dovrebbero finalmente innovare il panorama sportivo dilettantistico italiano: quello “sport di base” che riguarda 11 milioni di italiani, oltre un milione di volontari e 60
mila realtà sportive lungo tutto il Paese.
Fondamentali e necessari sono sicuramente nuovi incentivi alla pratica sportiva rivolta ai giovani, agli over 65, ai soggetti fragili anche stranieri all’interno di percorsi di inclusione ed integrazione.
Una riforma moderna e condivisa non può prescindere però dall’introduzione di nuovi diritti e dal confronto con le categorie. Ecco perché penso che sia giunto il momento di un pieno riconoscimento del
le professionalità per collaboratori sportivi qualificati, educatori e manager dello sport. A questo vanno assolutamente accompagnati nuovi diritti nel settore rivolti ai lavoratori, atleti compresi: l’indennità di malattia, il versamento dei contributi pensionistici, la piena tutela della genitorialità… tutte importanti novità contenute nella mia proposta di legge e sottoscritta da moltissimi parlamentari di tutti i gruppi.
Infine una vera riforma della legge Melandri, per uno sport di vertice più equilibrato, una miglior gestione degli incassi dei diritti tv per garantire più investimenti per gli impianti sportivi e per i settori giovanili. Lo sport dunque può essere un grande
strumento virtuoso per il rilancio dell’Italia,
perché con regole nuove è possibile mettere
in modo un settore che ha grandi potenziali
tà. Avanti!
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