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Democratica

Della Redazione Di Democratica

n. 128 venerdì 16 febbraio 2018
“L’unico pilastro possibile per una coalizione stabile e pro europea di governo è la coalizione di centrosinistra guidata dal Pd” (Paolo Gentiloni oggi a Berlino)

L’EDITORIALE /1

La destra non ce la fa,
il Pd è in campo
Mario Lavia
La partita è del tutto aperta. E non solo perché ci sono tantissimi italiani che ancora non hanno deciso se e per chi votare. Ma perché il quadro fornito dagli ultimi sondaggi appare frastagliato, incertissimo. Non c’è un vincitore annunciato: contrariamente a quanto va sbandierando Silvio Berlusconi, il centrodestra la maggioranza la vede col binocolo. Mentre il Pd è primo partito al Nord e al Centro, e il Sud finisce in mano il M5s. Risultato finale: i sondaggi (gli ultimi pubblicabili prima del black out imposto dalla legge) prevedono che il 5 marzo l’Italia si sveglierà senza una maggioranza di governo. Dunque, la destra ha tutt’altro che vinto.
Obiettivo
primo
posto

SEGUE A PAGINA 2
L’EDITORIALE /2
Il Cavaliere? Il cavallo
di Troia di Salvini
Giuliano Da Empoli
Il grande poeta messicano Octavio Paz descriveva la politica come “un teatro di miraggi”. Non risulta che la definizione gli sia venuta in mente osservando il Belpaese, ma di certo la campagna elettorale in corso non ha fatto nulla per smentirlo.
Ci pensavo l’altra sera, osservando in televisione Silvio Berlusconi mentre firmava il suo “impegno con gli italiani” sulla stessa identica scrivania sulla quale aveva sottoscritto, diciassette anni fa, il suo celebre “contratto con gli italiani”. In un primo tempo, ho fatto fatica a crederci. Perché mai rievocare una promessa elettorale vecchia di tre lustri che non si è mai, neppure lontanamente materializzata?
Elezioni Gli ultimi sondaggi segnalano che non c’è nessuna maggioranza. Il Pd in corsa per il primato, c’è spazio fra i tantissimi indecisi
PAGINA 2
SEGUE A PAGINA 6
VERSO IL 4 MARZO
MOVIMENTO 5 STELLE
Siani: “Sento crescere
la fiducia nella politica”
Rimborsopoli,
lo scandalo si allarga
e le scuse fanno ridere
Sarebbero 14 i furbetti che hanno fatto finta di devolvere lo stipendio mentre si scoprono 3 massoni: le “scuse” addotte sono penose. E una consigliera attacca i giovani del cinema America di Roma.
ALLE PAGINE 4-5
A PAGINA 3
Sondaggi
L’Italia è senza maggioranza.
E il Pd è in corsa per il primato
La verità è che si è fermata la corsa della destra. Al Sud i grillini sono la nuova Fi?
Va premesso che ci sono moltissimi indecisie persone che dichiarano di non andare a vo­tare (ma cambieranno idea?). Secondo alcuni osservatori, nella massa di indecisi sarebbe­ro prevalenti elettori “non estremisti”, il che significa che M5S hanno fatto il pieno e che da questo serbatoio dovrebbero attingere Pd e Fi.
Dunque, la destra ha tutt’altro che vinto. A parte il fatto che l’alleanza Fi-Lega è scritta sull’acqua e che i due partiti sono destinati ad entrare in conflitto appena chiuse le urne, secondo il sondaggio pubblicato dal Sole 24Ore e com­mentato da Roberto D’Alimonte, “la maggioranza resta un miraggio”.
Questo sondaggio è stato effettuato su 6000 elettori (un campione più alto del solito). C’è poi il sondaggio Ipsos(Pa­gnoncelli) sul Corriere della Sera, che anch’esso ci dice che “il governo non si vede”. E’ la stessa analisi anche di Swg,
La verità è chela corsa della destra si è fermata. Forza Italia viene data al 15%, subito insidiata dalla Lega (14,7), mentre una stanca Giorgia Meloni si ferma a un modesto 4,4 e i fittiani nemmeno raggiungono l’1%: totale na­zionale, 34,7, dunque molto lontani dalla maggio­ranza (per la quale servirebbe più del 40% dei voti). Da notare che al Nord e al Centro la Lega surclassa Fi.
Secondo il sondaggio del Sole 24Ore il M5S prenderebbe addirittura il 29,4 grazie ad un exploit al Sud (38,1), un’ipotesi che lascereb­be aperto l’interrogativo: i grillini si avviano ad essere il “partito del Sud” ereditando cioè la funzione che fu della Dc e di Forza Italia? In effetti, al Nord il Pd li supera abbondante­mente (26,8 contro 21,9) e anche al Centro (28,9 a 26,1). Anche per quanto riguarda i pentastellati – ma la cosa è chiara da sempre – ottenere la maggio­ranza per governare è un’utopia.
Il Pd e la sua coalizione sono bene in campo per conqui­stare il primato come gruppo parlamentare e anche per il primo posto come partito(se, come è avvenuto in passato, il M5s è sovradimensionato e se si sentiraà più avanti l’effet­to-Rimborsopoli). Secondo il sondaggio di D’Alimonte infatti il centrosinistra complessivamente è al 27,4 (due punti sotto il M5s dunque): Pd 23,7; +Europa 2,6; mentre Civica Popolare e Insieme sono sotto l’1. Il partito di Renzi, come detto, vince al Nord e al Centro ma va male al Sud (18,6, terzo partito): anche se qui diciamo che negli ultimissimi giorni, pur se a macchia di leopardo, il Pd stia risalendo.
Una notazione su LeU. La lista di Grasso viene data al 5,3 (va peggio al Centro, nella zona rossa: è significativo), forse anche a causa dell’1,3 di Potere al popolo. Se si considera la “quota” di Sinistra Italiana di Fratoianni, i consensi dell’area Bersani- D’Alema sarebbero sotto il 3%.
Tornando al Pd, c’è da dire che i vari de profundis elevato in questi giorni da più parti appaiono del tutto fuori luogo: quasi il 24% come partito (e 27,4 in coalizione) – con le già menzionate potenzialità di recupero fra gli indecisi e al Sud – non sono cifre esattamente da partito morente, tanto più in un quadro politico che si annuncia senza vincitori all’inter­no del quale i dem saranno comunque attori decisivi.
A 16 giorni dal voto, pertanto, i sondaggi (anche quello di Nando Pagnoncelli sul Corriere della Sera) ci dicono che il Pd è in campo, che la destra non vincerà e che il M5s è forte ma fuori gioco.E le ultime due settimane possono ancora cambiare parecchio. La partita è tutta da giocare.
Mario Lavia
Segue dalla prima
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Il Pd può essere il primo partito, il primo gruppo parlamentare. Ma per esserlo dobbiamo fare uno sforzo straordinario in questi ultimi giorni, tutti insieme.”
I vari
de profundis di questi giorni sui dem appaiono del tutto fuori luogo

Le soluzioni di governo non le danno i sondaggi, le daranno gli elettori il 4 marzo. La mia opinione è che l’unico pilastro possibile di una coalizione stabile e pro europea può essere la coalizione di Centrosinistra.”
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Verso il 4 marzo
Lucariello, il rapper
di Gomorra,
in campo per Siani
Intervista aPaolo Siani
“Sento
crescere
la fiducia
intorno a me”
“Sono stato un convinto sostenitore dei Cinquestelle, ma mi fido ciecamente di Siani e se lui ha fatto questa scelta lo seguo senza dubbio”. Così spiega la sua scelta politica Luca Caiazzo, in arte Lucariello, il rapper originario di Scampia, autore, insieme a Nti, del brano “Nuje vulimme ‘na speranza” sigla di Gomorra.
Il musicista ha messo la sua arte a servizio del pediatra napoletano: c’è lui dietro al video pubblicato da Siani sulla sua pagina Facebook e diventato virale.
Classe 1977, è un rapper prolifico: inizia a esibirsi già a 16 anni. Due anni dopo esordisce come conduttore di programma sul rap in una radio locale e fonda la crew Clan Vesuvio e in pochi mesi realizza l’album Spaccanapoli. Oltre a una carriera da solista iniziata nel 2007, spiccano tra le collaborazioni quella con gli Almamegretta, con il musicista e direttore d’orchestra Ezio Bosso con cui scrive “Cappotto di legno”, ispirato alla vicenda di Roberto Saviano, e, più recentemente, con Fabri Fibra.
L’impegno del candidato democratico
in favore dei bambini del Sud
Paolo Siani, pe­diatra napole­tano, fratello di Giancarlo, il giovane giornalista de Il Mattino ucciso dalla camorra di Raffae­le Cutolo nel 1985, è una delle candidature più significative messe in campo dal Partito democratico per le elezioni del 4 marzo, in corsa per la Camera a Napoli nel collegio Vo­mero-Arenella e come capolista nel collegio plurinominale Campania 1.
Dottor Siani, dopo oltre trent’anni di impegno civico ha deciso di candidarsi. Ci racconta questa scelta?
È stata una decisione non facile, arrivata dopo una riflessione durata più di un anno che ho fatto insieme a Matteo Renzi. Ho ca­pito che una volta eletto avrei potuto fare di più e meglio per Napoli e per i bambini del Sud.
Lei è stato per dieci anni presidente di Polis, la fondazione della Regione Campania che si occupa di legalità. Tutto è cominciato con la vicenda di Giancarlo.
Sì, tutto comincia nell’’85. Senza quell’episo­dio la mia vita sarebbe stata diversa. Il mio impegno comincia dal desiderio di giustizia per Giancarlo, che ho ottenuto dopo 11 anni, con tutti i responsabili condannati all’erga­stolo. Con la Fondazione Polis abbiamo con­tinuato nell’impegno per la legalità, lavo­rando con le scuole e soprattutto riportando all’attenzione i familiari delle vittime inno­centi della criminalità. Abbiamo realizzato una stele della memoria, fat­ta tramite un concorso pubblico, e tante attività per tenere vivo il ricordo, fino alla App Non Invano, che viene fuori dopo la provo­cazione di mettere sulla facciata di Palazzo Reale in piazza del Plebiscito i volti di 101 vittime innocenti. Quelle foto poi sono diventate una mostra che è stata ospitata nella Reggia di Caserta, e oggi tante scuole napoletane hanno una foto di una vittima, per sottolineare l’impegno a non dimentica­re nessuno.
Tra gli impegni che ha preso c’è quello di fare un bilancio annuale della sua attività, con la promessa di lasciare il Parlamento se non avrà tenuto fede al suo mandato.
Da primario ogni anno faccio un rendiconto annuale, con il resoconto delle attività che ho svolto: ricoveri, pubblicazioni, e così via, perciò sono abituato a rendere conto al pub­blico del mio lavoro. L’ho sempre fatto e con­tinuerò a farlo ancora di più.
Lei ha guidato per molti anni l’Associazione Culturale Pediatri, impegnata nella valorizzazione del servizio sanitario pubblico. Dunque una realtà da valorizzare, per lei?
Noi pediatri della ACP ci siamo battuti per mi­gliorare le competenze dei pediatri del SSN e insieme per migliorare le strutture. Il nostro lavoro si concentra su come far meglio nel pubblico spendendo meno, evitando sprechi e terapie sbagliate, e credo che abbiamo inci­so sulla cultura pediatrica italiana.
Lei è anche impegnato sul fronte della povertà educativa. Ce ne parla?
La povertà educativa è uno dei temi centrali di un programma di sinistra. Dobbiamo pro­vare a ridare ai bambini di Napoli e del Sud una prospettiva migliore. Nel Mezzogiorno c’è un gap culturale che va affrontato: oltre alla dispersione scolastica, chi a scuola ci va ha performance peggiori rispetto al Nord. Dobbiamo lavorare sulle scuole, tenendole aperte anche oltre l’orario scolastico per fare altre attività, come teatro, musica e sport. Bi­sogna investire non con programmi a termi­ne ma con progetti strutturali. Basta immagi­nare il valore che avrebbe una scuola aperta fino alle 20 in un quartiere come Scampia.
E poi c’è l’impegno ‘speciale’ per i più piccoli.
Con la Fondazione Polis abbiamo aperto 10 punti lettura nei quartieri a rischio, dove dei volontari leggono a mamme con bimbi piccoli affascinanti. È entusiasmante sentire mamme esclamare, vedendo la reazione di un bimbo di 8 mesi di fronte alla lettura di un libro, frasi come ‘mio figlio è nu scienzia­to’.
Un’ultima considerazione sul clima che sta respirando in questa campagna elettorale.
Sto vedendo intorno al mio gruppo grande entusiasmo e voglia di partecipare. Cresce ogni giorno, come se la gente stesse ritro­vando fiducia nella politica. Certo la strada è lunga e in salita ma l’entusiasmo che per­cepisco è straordinario, e questo mi fa ben sperare.
Carla Attianese
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Rimborsopoli
Lo scandalo M5s si allarga ancora
Girolamo Pisano
Le Iene: “I morosi sono diventati 14”
Carlo Martelli
Andrea Cecconi
Silvia Gernini
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Quello che è uscito finora sulle donazioni mai versate dai Cinque Stelle potrebbe essere solo la punta dell’i­ceberg. Luigi Di Maio ha confermato 800mila euro di buco e otto nomi di grillini coinvolti nella faccenda Rimbosopoli, ma questi numeri non corrispondono al momento con quanto promettono di rivelare Le Iene alla prossima puntata dell’inchiesta su Rimborsopoli. Ivan della Valle (che non ha restituito 270 mila euro), Maurizio Buccarel­la (137 mila), Carlo Martelli (81 mila), Andrea Cecconi (28 mila), Emanuele Cozzolino (13mila), Elisa Bulgarelli (43 mila), Silvia Be­nedetti (23 mila) e Girolamo Pisano (200 mila) sono i nomi finora confermati dal leader pentastellato. Ma Le Iene, i primi a scoprire lo scandalo, avevano fatto una lista più lunga che comprendeva anche Massimiliano Bernini, Barbara Lezzi e Giulia Sarti che per il momento il Movimento sembrerebbe assolvere. Ma ora Filippo Roma e Marco Occhipinti, che hanno realizzato l’inchiesta per la trasmissione Mediaset, promettono di fare nuovi nomi alla pros­sima puntata (e forse di confermare anche i tre dei dieci assolti dal M5S). A quelli usciti finora, quindi, se ne potrebbero aggiun­gere altri. E la lista dei candidati che dovrebbero teoricamente ri­nunciare all’elezione diventa sempre più lunga, anche perché la maggior parte dei candidati beccati con le mani nella marmellata sono o capilista o in collegi blindati. La tecnica era sempre più o meno la stessa, anche se ora Le Iene annunciano di aver scoperto anche altri trucchetti usati dai furbetti del rimborso per trattene­re le cifre da donare. Da quello che è emerso finora i parlamentari beccati postavano delle foto di bonifici che poi non venivano in­viati oppure venivano annullati, come ha confermato anche Ivan Della Valle in un’intervista a Repubblica in cui assicura di non es­sere fuggito in Marocco come dichiarato dal padre alla stampa: “Non scappo da niente”, dice. Il fatto di donare meno di quanto previsto, ha spiegato il grillino, era un gesto di ribellione nei con­fronti di un Movimento nel quale non si riconosceva più. Peccato che però Della Valle falsificasse i conti per non essere beccato e di conseguenza cacciato dal Movimento. Insomma, con il passa­re dei giorni, continuano a venire a galla sempre nuovi dettagli poco edificanti che riguardano rappresentanti dei Cinque Stelle. E alle mele marce, poi, si aggiungono anche i nomi dei tre candidati che il M5S vuole cacciare perché iscritti in passato a qualche log­gia massonica, l’avvocato candidato nel collegio di Castellammare di Stabia Catello Vitiello, Piero Landi, candidato M5S nel collegio uninominale della Camera a Lucca, e Bruno Azzerboni, candida­to all’uninominale in Calabria. Mancano ancora due settimane al voto e la sensazione che la storia non si concluda qui si fa sempre più reale.
Emanuele Cozzolino
Ivan Della Valle
Maurizio Buccarella
Elisa Bulgarelli
Silvia Benedetti
Massimiliano Bernini
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Movimento 5 stelle
Movimento 5 stelle
“I rimborsi? Li ha presi l’ex fidanzato”. Tutte
le scuse dei furbetti
Barbara Lezzi
Giulia Sarti
Stefano Minnucci
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Tra le varie sfaccettature della bufera sui rimborsi, che in queste ore sta scuotendo casa Cinquestelle, c’è un aspetto etico rilevante da sottolineare, quello legato alle giustificazioni tirate in ballo dai vari protagonisti.
La più umoristica, forse, è quella del senatore Giar­russo che di fronte a un bonifico del 2015 timbrato in­comprensibilmente 2014, dice: “Quello scellerato (l’impiegato del­lo sportello del Senato, ndr.), che avrà fatto bisboccia la sera prima, sul timbro ha modificato giorno e mese, ma non l’anno”. Dandogli di fatto dell’ubriaco.
Le implicazioni politiche non sono irrilevanti: dal Movimento che ha fatto della lealtà e della trasparenza il suo core business ci si aspettava chiaramente dell’altro.
Invece c’è chi scopre di aver fatto versamenti sul conto corrente sbagliato, come la senatrice Paola Nugnes. Chi se la prende con un suo collaboratore, vedi Elisa Bulgarelli. Chi come Maurizio Buca­rella si lamenta su Facebook per l’eccessivo costo delle commissio­ni della sua banca: a fronte di migliaia di euro non versati, lui si ferma a parlare di una manciata di centesimi.
Ma v’è di più. Giulia Sarti, ad esempio, nota per le sue battaglie sulla legalità, è arrivata a dare la colpa al suo ex compagno, che a suo giudizio le avrebbe sottratto circa 20mila euro, tanto da de­nunciarlo in Questura.
La peggiore delle scuse, però, è probabilmente quella dello stes­so Di Maio, arrivato a graziare i suoi parlamentari a Bruxelles per­ché non avrebbero obblighi formali. Attenuante che a dire il vero stride un po’, visto che il partito di appartenenza (con gli stessi principi e le stesse regole) è sempre il Movimento Cinque Stelle.
E a proposito di eurodeputati, poi, c’è la vicenda di David Borrel­li, uno dei tre fondatori dell’Associazione Rousseau assieme a Davi­de Casaleggio e Max Bugani. Borrelli lascia il gruppo M5S, i vertici comunicano ufficialmente per motivi di salute. Ma lui li smentisce: se ne va perché vuole aderire a un altro movimento politico.
Insomma, dal quadro che sta emergendo – con una black list an­cora in via di definizione – sembra sia mancata una vera e propria assunzione di responsabilità. Ulteriore aspetto etico, quest’ultimo, che una forza politica dovrebbe poter rivendicare sempre con or­goglio.
In conclusione: delle due l’una. O davvero quelle dei parlamen­tari Cinquestelle sono leggerezze, e qui si entra però nella sfera dell’incompetenza, al punto da domandarsi come possa una forza politica come il M5s controllare l’ evasione fiscaledi 60 milioni di cittadini quando non riesce a verificare due bonifici interni. Oppu­re – e forse è anche peggio – siamo nell’ambito della disonestà: la fine di un falso mito.
Lello Vitiello
I massoni candidati
grillini ora diventano tre
Bruno Azzerboni
Pietro Landi
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C’è imbarazzo in Campidoglio per lo sfogo della consigliera grillina Gemma Guerrini. Con un pensiero affidato a un lungo post su Face­book, si sfoga contro i ragazzi del cinema America. Arrivando a definirli “feticisti”.
Questa è la frase che lascia perplessi: “Non capisco cosa ci sia di altamente culturale nella riedizione di film vecchi”. Poi ulteriormente specificata, se non si fosse compreso: “Cos’è infatti se non feticismo, la reiterata proiezione, giorno dopo giorno, di vecchi film che hanno in comune soltanto il fatto di essere famosi, con a seguire la presentazione degli altrettanto famosi produttori/registi/attori, magari accompagnati dal Franceschini o dallo Zingaretti di turno?”, si chiede sul suo profilo Facebook. La vicepresidente della commissione cultura, poi, ne approfitta per fare campagna elettorale sottolineando che “manifestazioni simili sono funzionali alla propaganda del partito politico che le sostiene”, a suo giudizio, il Pd, “che ormai da decenni utilizza la spettacolarizzazione e la feticizzazione della cultura come arma di distrazione di massa”.
Ma la reazione del mondo dello spettacolo non tarda ad arrivare: registi e attori si sono schierati contro il Comune di Roma dopo il post della consigliera M5S. E cento artisti chiedono le dimissioni sue e quelle dell’assessore alla Cultura.
La consigliera grillina: “Cinema America? Roba da feticisti”
Verso il 4 marzo
Intervista aBenedetto Della Vedova
“Se +Europa
va bene è positivo anche per il Pd”
+Europa con Emma Bonino alle prossime elezioni sarà in coalizione con il Partito democratico. Su quali punti poggia questa alleanza?
Ho sempre sostenuto pubblicamente che +Europa dovesse scegliere di correre affiancata al Pd in queste elezioni: lo scontro vero, oggi, è tra “aperto” e “chiuso”, tra chi crede nell’Unione Europea e vuole rafforzarla e chi mal la sopporta e/o ne vorrebbe uscire per rinchiu­dersi nei confini nazionali in una logica autarchica e sconfittista. E su questo terreno noi e il Pd siamo dalla stessa parte: vogliamo bat­tere gli etnonazionalisti, i No Euro, quelli che “è tutta colpa dell’Eu­ropa”, quelli che invocano i dazi e sono contro gli accordi commer­ciali europei che spingono le nostre esportazioni.
Stando ai sondaggi, la vostra lista sta crescendo e raccoglie importanti adesioni. Secondo voi, si tratta di voti sottratti al Pd o state pescando nell’astensione?
La crescita di +Europa oltre la soglia come stimano i sondaggi di oggi non è una sorpresa per me. È un fatto positivo per tutte le forze che corrono insieme, coalizzate: deve dare slancio a tutti in vista dei giorni decisivi prima del voto. Ci sarà un po’ di sovrapposizione nell’elettorato? Può darsi, ma è chiaro che noi siamo impegnati a far conoscere +Europa e il suo programma a quanti non vogliono più votare o non hanno ancora deciso per chi. Vogliamo aggiungere voti ai candidati comuni, non sottrarne alle altre liste. Io ho sempre la­vorato e creduto in questo progetto, convinto che sarebbe diventato un’occasione di voto in positivo per una fetta importante dell’elet­torato consapevole dei rischi per l’Italia e l’Europa di una vittoria che porti a un Governo Salvini-Berlusconi o Salvini-Di Maio. Le cose accadono: pensiamo quale sarebbe l’Europa se avesse vinto la Le Pen in Francia. Dobbiamo convincere che il voto utile per un’Italia europea, sicura e competitiva sia quello per +Europa, PD o per le altre forze che corrono con noi….e spiegarlo anche agli europeisti che, votando Grasso, farebbero un favore a Salvini in Italia come a Fontana in Lombardia.
Il segretario Renzi ha detto che sui migranti preferisce la linea Minniti a quella Bonino. Crede che queste divergenze tra Pd e +Europa, sui migranti così come su altri temi, possano pregiudicare l’alleanza dopo il 4 marzo?
Tra +Europa e PD ci sono tante differenze, in alcuni casi anche mar­cate, non siamo un partito unico. Ma da qui al voto deve essere chia­ro che la nostra sfida decisiva è quella – assolutamente comune e condivisa – di battere nazionalisti xenofobi e nazionalisti pasticcioni senza idee e capacità di governo: Lega e FI e 5Stelle. Aggiungo che questo PD, peraltro, è il PD che ha fatto le unioni civili, il biotesta­mento e il Jobs Act: piaccia o no, queste riforme portano (anche) la firma di Renzi. E che i Governi Renzi e Gentiloni, con ministri come Padoan e Calenda, hanno accompagnato il Paese di nuovo sul sen­tiero della crescita, tenendo in ordine i conti e facendo le riforme. Bisogna fare di più e meglio, certo, ma gli altri vogliono disfare il lavoro fatto e tornare pericolosamente indietro.
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Il Cavaliere? Il cavallo di Troia di Salvini
Non sarebbe stato più prudente sce­gliere un formato diverso, tanto per non rischiare di vedersi rinfac­ciare le tante clausole di quel pri­mo contratto rimaste sulla carta: dal taglio della pressione fiscale al dimezzamento del­la disoccupazione?
Poi però ho capito. Poco importano i con­tenuti, l’unica cosa che conta è il miraggio. Il Cavaliere basa la sua intera strategia elet­torale su un solo sentimento: la nostalgia. E ripresentarsi uguale a se stesso, perfino nel­le stesse pose di quindici o vent’anni fa – il video registrato con la libreria alle spalle, la scrivania di Porta a Porta – è un modo infalli­bile per farla scattare, la nostalgia. In fondo, alla fine degli anni novanta l’Italia era ap­pena all’inizio dell’interminabile crisi dalla quale sta ora, faticosamente uscendo. Perfi­no chi Berlusconi non l’ha mai sopportato a quei tempi aveva vent’anni di meno. E chi non tornerebbe indietro? Tutti riavvolge­remmo le lancette del tempo, se ne avessimo la possibilità.
Come tutti i miraggi, però, anche quello del Cavaliere si fonda su un’illusione. Anzi, in questo caso, due. La prima è che, per quan­to deludenti, gli anni del berlusconismo sia­no stati in fondo abbastanza dolci, rispetto a quel che è venuto dopo. All’epoca c’erano meno immigrati, meno disoccupati e (un po’) meno tasse, ripete instancabile Berlusconi. E gli elettori moderati ai quali si rivolge, in ef­fetti hanno di lui un ricordo piuttosto soft: non avrà concluso un granché, ma non li ha tartassati, né gli ha tagliato le pensioni come ha fatto, negli anni successivi, l’odiatissimo Monti. Peccato che l’odiatissimo Monti sia stato la conseguenza diretta, e inevitabile, del sorridente Berlusconi. Chi oggi invoca il ritorno del Cavaliere dovrebbe, per coeren­za, accettare il ritorno di Monti, o chi per lui.
La seconda illusione è ancora più insidio­sa. Come già in passato, il Cavaliere si can­dida a rappresentare un argine moderato contro gli estremisti. All’epoca si trattava di contrastare quelli che definiva “i comunisti”, oggi invece soprattutto l’irragionevole onda­ta grillina, presentata (a giusto titolo) come una minaccia per il futuro del Paese. Il pro­blema è che, tra gli estremisti che invocano l’abolizione dei vaccini e la fuoriuscita dalla Nato c’è il principale alleato del Cavaliere, Matteo Salvini. Che, al contrario di Umber­to Bossi, non è un socio di minoranza bensì piuttosto l’azionista di riferimento dell’attua­le centrodestra: sotto il profilo delle idee, del numero dei parlamentari e delle prospettive per il futuro.
In pratica, fingendo di porsi come un ar­gine contro gli estremisti, Berlusconi ne è diventato il principale cavallo di Troia. Il ri­schio per i moderati che dovessero cedere al miraggio della nostalgia è quindi doppio. Da una parte quello di contribuire alla forma­zione di un’eventuale maggioranza di destra a trazione leghista, assai più che berlusconia­na. Dall’altra quello, ancora più, assurdo, di dare agli estremisti l’unica chance che han­no di andare al governo da soli. Con il Movi­mento 5 Stelle ben al di sotto del 30%, infatti, l’unico modo in cui i grillini possono spera­re di arrivare al governo è alleandosi con la Lega nel nome di un programma estremista contro l’Europa, contro la competenza, con­tro i vaccini.
Si realizzerebbe, così, lo scenario più te­muto proprio da quei moderati ai quali Ber­lusconi si presenta come un baluardo contro l’estremismo, confermando nel modo peg­giore la teoria dell’incolpevole poeta messi­cano.
Giuliano Da Empoli
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