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Ma In Che Mondo Viviamo!

Di Giovanni Gaetani
(Foto), Presa Da Internet Da Antonio Di Domenico

Due italiani a Londra hanno stuprato una donna ubriaca nello sgabuzzino di una discoteca. A stupro terminato i due hanno esultato, dandosi il cinque, abbracciandosi e riguardando il video della loro impresa, presi da un’incontenibile gioia.

Nastro Nero Per Lutto

In quell’esultanza c’è tutto. C’è la nostra adolescenza cresciuti a pane e YouPorn, categoria “rape”, “gangbang”, “humiliation”, incapaci di distinguere il virtuale dal reale. Ci sono tutte le ore di educazione sessuale che non abbiamo mai fatto. Ci sono i milioni di “se l’è cercata” su Facebook, i miliardi di “se non avesse bevuto non sarebbe successo”. C’è il riprovevole ideale dell’uomo cacciatore e della donna preda. Del sesso come conquista e delle donne-puttane. Delle donne “usa e getta”, da esibire come trofei, alla stregua di teste di animali appese al muro.

C’è, insomma, tutto quello che non dovrebbe esserci e che tuttavia continua a esserci, perpetrato e replicato da una narrazione onnipervasiva e subdola, apparentemente inarrestabile. Dico “apparentemente” perché un’alternativa a lungo termine c’è: insegnare a bambini e bambine la cultura del consenso, quando sono piccoli, a 10, 8, 6 anni. Non si scandalizzino né si spaventino i genitori, perché è proprio per colpa di questo tabù sul sesso che la cultura dello stupro imperversa e avanza. Il sesso: cattolicamente innominabile e da reprimere. Qualcosa che tutti fanno ma di cui nessuno parla. Una sorta di elefante nella stanza che nessuno vuole nominare.

Ecco, se vogliamo davvero sconfiggere la cultura dello stupro, dobbiamo superare il nostro atavico pudore proto-cattolico e cominciare a parlare di sesso liberamente, apertamente, senza paure. Dobbiamo insegnare a bambini e bambine una sessualità sana, rispettosa, consensuale. Una sessualità consapevole e piena, che si discosti dalla mera animalità, pur mantenendo un legame rovente con la nostra animalità.

Insegnare ai bambini che “no significa no”, che l’amore si fa in due, che le donne non si “conquistano” e che tra il sesso e il porno c’è un abisso chiamato “realtà”, da tenere sempre a mente.

Insegnare alle bambine che non sono prede, che non esistono “per darla”, che un rapporto sessuale finisce quando entrambi i partner hanno avuto un orgasmo, che la masturbazione è del tutto normale, e che essere promiscue non significa essere puttane.

Se Ferdinando e Lorenzo (questi i nomi dei due stupratori) avessero ricevuto un’educazione del genere sin da bambini, non solo non avrebbero esultato, ma avrebbero evitato di escogitare il loro piano malefico, comprendendo l’asimmetria di facoltà e consenso che intercorreva tra loro, arrivati in discoteca da 6 minuti, e quella ragazza, ubriaca e incosciente. Invece Ferdinando e Lorenzo sono sulle pagine di tutti i giornali britannici. Le parole “stupratori” e “italiani” campeggiano ovunque, e non ci sarebbe da stupirsi se qualche xenofobo ne deducesse che tutti gli italiani sono stupratori.

Un’altra ragazza, nel frattempo, a 23 anni si ritrova a affrontare un trauma tanto infame quanto evitabile.

Non diamoci per vinti. Un’altra umanità è possibile. Dobbiamo solo volerla.