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Decadentismo E Gestione Dei Deficit

Di Vittorio Venditti

Ovvero: Il Non Sapersi Sacrificare Nemmeno Per Combattere

Tralasciando ancora per oggi i problemi strettamente gambatesani, di cui ti prometto che tornerò a sparlare domani, per aprire il mese che ci porterà a Capodanno, cercando di riunire in un solo filone quanto esposto nei precedenti articoli che hanno trattato rispettivamente l’argomento “economia” ed il tema “Handicap e barriere architettoniche”, oggi provo a farneticare prendendo spunto da una notizia che ho ascoltata alla radio mentre mi accingevo a recarmi al lavoro.

La notizia:

Stando allo statuto della B. C. E., secondo cui questo ente non può prestare danaro agli stati membri dell’unione europea, per ovviare e far passare i prestiti necessari all’Italia ed alla Spagna, da utilizzarsi per meglio riuscire a risolvere il problema del risanamento di bilancio, (la truffa nei nostri confronti), sembra, e dico sembra, che si stia pensando di girare le somme in questione al fondo monetario internazionale che, a sua volta, le dovrà poi assegnare agli Stati di cui sopra.

Ma non si farebbe prima ad eliminare il vincolo inserito nello statuto della B. C. E.?
A che titolo complicarsi la vita in questo modo?
Forse… per alimentare ancor di più il burocretinismo imperante nelle alte sfere della C. E. E.?
E’ questa la combattiva ricetta “monti”?
Così questi soloni pensano di ridurre il deficit pubblico?

Come accadde alla fine dell’impero romano, periodo in cui si approntavano orpelli, poi distrutti dalle invasioni barbariche, oggi si pensa di elefantizzare un problema che, a parole si vorrebbe risolvere, ma nei fatti, non solo non si vuole che si riduca di gravità, ma si fa di tutto per imporre ai soliti noti la colpa di tutto e la conseguente pena, da espiare pagando, pagando ed ancora pagando, tasse, balzelli e quanto di simile, utili ad altri soliti noti per arricchirsi in maniera spropositata, riducendo i primi alla fame ed alla conseguente sudditanza, fisica, oltreché psicologica.

Così, (ed entriamo nell’argomento che tratta dell’altro deficit, quello che colpisce molti di noi, dal punto di vista prettamente fisico), con la scusa della crisi, si dimenticano problemi reali che ogni giorno attanagliano molti abitanti del nostro pianeta, alla faccia di leggi che, promulgate, non sono quasi mai state attuate integralmente.
Ci troviamo ad esempio con barriere architettoniche mai rimosse, (vedi l’argomento INPS di Campobasso appena trattato), o con il regresso tecnologico, imposto dai tempi attuali, per cui se fino a qualche mese fa era sufficientemente possibile per un non vedente avere tecnologie assistive per telefonini ed altri apparati informatici, (pure utili per permettere a queste persone di lavorare, dando a questo verbo un senso compiuto), oggi ciò sta diventando via via problematico, non tanto per il progresso tecnologico che inesorabilmente ed indiscutibilmente va avanti, quanto per il fatto che, l’ottusità del mercato prevede tagli negli investimenti per lo sviluppo di tali tecnologie, e soprattutto non considera la possibilità di uno sviluppo interdisciplinare in merito, in grado di prevedere software integrati che oltre a rendere fruibile la tecnologia a tutti, rende tutti uguali allo stesso modo.

L’ottusità del mercato, definibile anche profitto a tutti i costi, può essere legittima, considerati i fini del mercato stesso.

E l’ottusità di chi, per statuto e loro voler essere volontari in merito?
Quella è legittima?

A mio modestissimo parere no, tanto che personalmente ritengo certe associazioni, utili esclusivamente alla loro sopravvivenza, fisica e politica, non certo utili al bene di chi dicono di rappresentare.
Anche nella gestione di queste associazioni, più che a combattere per ottenere agevolazioni tese all’aiuto nel raggiungimento di un minimo di uguaglianza nel vivere fra persone cosiddette “normodotate” e persone deficitarie, si pensa al proprio tornaconto, ottenuto con pochi sacrifici, e quei pochi, basati sull’elemosinare, non sul proporre.

Sarà colpa del decadentismo?

Non lo so e non spetta a me saperlo.
So però che siamo arrivati al puntoin cui gente candidata a ricoprire ruoli politici, di maggioranza ed opposizione, arriva ad addossare le responsabilità dei propri fallimenti a chi ha votato per costoro, chiedendo consiglio al votante, su come risolvere problemi, magari demandati ai Nostri, proprio mediante il voto; (e questo è accaduto proprio nei giorni scorsi a Gambatesa, ma ne parlerò più in prossimità del Natale, festa in cui dobbiamo essere tutti più buoni, e per questo, dovrò essere ancor più cattivo).
So però che, invece di combattere e proporre idee di rinnovamento, associazioni per la difesa dei problemi di persone deficitarie, arrivano al punto di far politica proponendo idee opposte a quanto appena esposto, con la segreta (e neanche tanto) speranza di trarne profitto, proprio a discapito di chi, fiducioso in questi enti, dovrebbe essere da essi considerato il primo ed unico obiettivo per cui lavorare.

Proprio questa mattina, ad esempio, mi è capitata per le grinfie un’e-mail, che mi comunica la volontà dell’unione italiana dei ciechi ed ipovedenti, di risolvere il problema dell’accessibilità dei decoder per il digitale terrestre.

Ottima iniziativa!
Ma come verrebbe risolta?
E poi, perché non procedere parimenti anche per i decoder satellitari?

A dire di costoro, accettando la prenotazione proposta da eventuali acquirenti, da girare ad una ditta che costruisce questi apparati, opportunamente progettati.
Il dispositivo proposto, verrebbe a costare la somma di
“soli trecento euro”.

Ma se un normale decoder, lo troviamo a venti, venticinque euro, perché tutto questo divario di prezzo?

Stando ai promotori dell’iniziativa, ciò sarebbe dovuto agli alti costi di progettazione e costruzione dei decoder in questione.

E se si facesse in modo di convincere le ordinarie case produttrici di decoder, ad integrare i software di gestione di questi apparati con appositi programmi, in grado di essere compresi da utenti non vedenti?
Programmi (magari) proposti proprio da tecnici del ramo, aventi questo deficit?

Una bella esperienza in merito, la sto vivendo io, proprio in Enel distribuzione, ente per il quale presto servizio da quasi diciassette anni.

Assunto come centralinista, (siamo in Molise e, o ti accontenti di questa minestra o ti butti digiuno dalla finestra), da circa quattro anni, mi trovo ad eseguire un lavoro che nulla ha a che vedere con gl’impieghi per cui a suo tempo, (e purtroppo ancora oggi certe associazioni) lottano; in sostanza, svolgo un lavoro di tester, grazie ad una scommessa proposta ad Enel, dai miei superiori, sicuramente non miopi e più lungimiranti delle associazioni di cui sopra.

Posso dire che, almeno in questo senso, il Molise è all’avanguardia.

Questo mio status però, deriva dalla mia cocciutagine nel voler sempre e con qualsiasi mezzo, oltreché a qualsiasi costo, continuare a studiare, studiare e studiare, ogni modo ed ogni possibilità di avanzare nel marasma dominato dal mercato.

Così, in questi giorni, dopo una mia garbata protesta, esplicitata durante l’ultimo congresso, che Enel denomina “Cascade”, costatato l’interesse per la soluzione di vari problemi d’inaccessibilità da me rilevati, ogni mio superiore, a partire dal direttore di Enel distribuzione Lazio-Abruzzo-Molise, l’ingegner Alfonso Sturchio, si è messo a mia disposizione per appianare le divergenze messe in risalto.
Ovviamente, ognuno di noi si è porto al Prossimo in piena umiltà, ed allo stesso tempo, proponendo il proprio “sapere” in merito ai problemi posti in essere e, se Dio vuole, il risultato verrà, con somma soddisfazione per tutti.

Ma la soluzione non arriva su un piatto d’argento!
La soluzione è frutto di paziente studio, magari unito alla collaborazione di amici che, senza nulla chiedere in cambio, hanno lavorato per ridurre disagi o per creare da zero situazioni, lavorative e non solo, che finora potevano essere viste esclusivamente in modo fantascientifico.

Un esempio per tutti?
Il lavoro fatto gratuitamente da Riccardo D’Antonio, per aiutarmi, prima, a rimettermi in linea con l’uso degli apparati informatici, poi con la costruzione e la conseguente gestione di quest’inutile sito.

Insomma:
Lavoro a testa bassa sì, elemosine no.

È questo il sicuro modus operandi per riuscire a vivere ed a far vivere, lottando con l’uso della propria Dignità, e senza chiedere a nessuno di agire al proprio posto, in modo meno produttivo, e sicuramente che induce a diffidare, anche della riuscita di un valido risultato.