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Democratica

Della Redazione Di Democratica

n. 78 venerdì 24 novembre 2017
“I No Vax hanno la responsabilità morale di quanto succede ai loro figli”. (Vytenis Andriukaitis, Commissario europeo alla Salute)
Nessuna resti sola
L’EDITORIALE/1
Sblocchiamo il coraggio

delle donne
Maria Elena Boschi
CCi sono giornate che non sono semplici ricorrenze. Ci sono date che non sono solo da celebrare. La Giornata internazionale contro la violenza sulle donne è una di queste. Il 25 novembre serve soprattutto per dare visibilità a un argomento che per anni è stato un vero tabù: gli abusi fisici e psicologici sono sempre esistiti, solo che prima erano considerati faccende ‘private’, di cui non si doveva parlare. Oggi finalmente si è cominciato a uscire dal buio e mettere la violenza contro le donne sotto gli occhi di tutti. Portarla alla luce significa iniziare a sconfiggerla.
SEGUE A PAGINA 2
Leopolda incontro di idee
L’EDITORIALE/2

Un’agenda che

rompa gli schemi
Giuliano Da Empoli
NNorman Mailer non aveva grande stima dei capibastone della politica americana. Se un tipo arrivasse da Marte – diceva e desse un’occhiata al parterre di una convention democratica, “se ne tornerebbe a casa convinto di aver visitato uno dei più squallidi sobborghi dell’inferno”. Forse è per questo che ha descritto con una punta di sadismo la sofferenza dei notabili riuniti a Los Angeles per la convention democratica del 1960. “Il boss è depresso, profondamente depresso”, scriveva Mailer, perché intuisce che qualcosa gli sfugge.
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serve uno scatto della società
Cambiare le norme non basta,
Giornata internazionale contro la violenza sulle donne
Usciamo
dal buio
della violenza

Maria Elena Boschi CONDIVIDI SU
Segue dalla prima

GGiornate come queste servono anche perché le donne acquistino una maggiore consapevolezza e trovino il coraggio di denunciare le violenze, sapendo di non essere sole. Il nostro impegno va avanti 365 giorni all’anno. Con fatica, con molta fatica, dei passi in avanti si compiono, grazie al lavoro svolto dalle istituzioni, dalle forze dell’ordine e dalle associazioni sul territorio. Ieri abbiamo approvato il nuovo Piano nazionale anti violenza, stanziando 33 milioni di euro all’anno per sostenerlo. Abbiamo varato delle linee guida uniformi che varranno in tutte le regioni italiane per il percorso delle donne vittime di violenza che si rivolgano ai pronto soccorso. Abbiamo cercato di celebrare la giornata del 25 novembre con delle risposte concrete, con impegni precisi. Il Partito Democratico attraverso l’impegno del Governo, dei gruppi parlamentari, ma anche dei nostri amministratori e amministratrici locali, al lavoro nei circoli, ha contribuito in modo determinante a dare spinta alle tante iniziative assunte contro la violenza di genere. Tutti noi sappiamo che la lotta contro la violenza sulle donne è – e sarà – faticosa, ma sappiamo che possiamo vincerla solo se uomini e donne uniranno le forze combattendo dalla stessa parte. Per questo serve una rivoluzione culturale che inizi fin da piccoli, in famiglia e nelle scuole. Occorre da subito crescere con la consapevolezza della parità dei diritti, con il rifiuto delle discriminazioni, con la condanna ad ogni forma di violenza. Perché nessuna legge, anche la più rigorosa dal punto di vista penale, può arginare la violenza se non è accompagnata da una volontà di cambiamento nel rapporto tra i sessi e le persone. La vera parola che dobbiamo contrapporre a tutta la terribile sfera della violenza di genere, agli uomini che ne sono artefici e alla cultura che la sostiene, non può quindi che essere libertà. La libertà di essere adolescenti come meglio si preferisce, la libertà di vivere la propria sessualità così come ci si sente, la libertà di non perdere la vita, o di rischiare di perderla, perché l’uomo che sostiene di amarti non tollera l’idea che tu non voglia essere una sua proprietà. Ecco, mi piacerebbe che domani, nel ricordare il 25 novembre, pensassimo alla giornata contro la violenza sulle donne anche come alla celebrazione del diritto delle donne alla propria libertà. Prima di tutto quella di esistere.
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SU DEMOCRATICA.COM

Silvia Fregolent CONDIVIDI SU

OOggi, sabato 25 novembre, ricorre la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, istituita dalle Nazioni Unite nel 1999.
L’obiettivo dell’Onu fu quello di porre
l’attenzione su un crimine vergognoso che
rappresenta da sempre lo squilibrio nei rap
porti di potere tra i sessi in ambito sociale,
economico, religioso, politico e costituisce
uno dei meccanismi fondamentali di sotto
missione delle donne finalizzato ad annul
lare il godimento dei loro diritti.
Kofi Annan, allora segretario Generale
delle Nazioni Uniti segnalò come “la violen
za contro le donne fosse forse la violazione
dei diritti umani più vergognosa” proprio
perché “senza confini né geografia, cultura
o
ricchezza”.
Ancora oggi questo reato è tra i più dif
fusi, in Italia e nel mondo subisce violenza,
mediamente, una donna su 3.
I numeri sono sconvolgenti.
Ma altrettanto devastante è il contesto in
cui spesso avvengono queste violenze: am
bienti familiari, di lavoro, di divertimento e
luoghi pubblici.
In questi anni il Parlamento ha varato nu
merosi provvedimenti a tutela delle donne:
è stata ratificata la Convenzione di Istanbul,
sono state inasprite le pene con la Legge
contro il “femminicidio”, sono stati stanzia
te risorse per finanziare il piano di azione
straordinario contro la violenza sessuale e
di genere.
Sono stati previsti anche congedi specia
li per le vittime, perché la violenza non si esaurisce con il dolore fisico.
Si tratta di riforme importanti che dovranno essere proseguite e sostenute da stanziamenti adeguati.
Va in questa direzione la proposta di legge del Partito Democratico per aiutare le donne vittime di abusi sessuali sul luogo di lavoro a denunciare i molestatori ed evitare le eventuali ritorsioni che è stata illustrata nei giorni scorsi a Montecitorio.
Cambiare le leggi però non è sufficiente, va cambiata la società.
Questo è un processo culturale più difficile e più insidioso.
E riguarda tutti.
Non possiamo dimenticare che fino al 1996 la violenza sessuale era considerata nel nostro paese un delitto contro la morale e non contro la persona. Ci sono volute sei Legislature e quasi 20 anni per approvare questo principio. L’ordinamento giuridico lo ha recepito, gran parte della cosiddetta “cultura di massa” ancora no. E non mi riferisco soltanto alla immagine stereotipata della donna oggetto ed ai numerosi scandali di questi giorni, ma al terribile pregiudizio latente che la società ancora alimenta in molteplici situazioni comuni.
E’ ancora necessario continuare a ribadire che la violenza ha come bersaglio il corpo della persona, con tutte le sue drammatiche ripercussioni fisiche e psicologiche, e non un ideale astratto di comportamento sociale.
La Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, con le sue testimonianze, le sue storie, le iniziative per la prevenzione, il coraggio delle vittime, serve soprattutto a questo.
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Giornata internazionale contro la violenza sulle donne
della legge violenza di genere che ho l’onore di presiedere. La Commissione ha
Gli argini ancora l’investimento per le politiche di contrasto alla violenza e le risorse dedicate alle pari opportunità e sta per essere approvata la legge per gli orfani di crimini domestici. Infine il 19 aprile 2017 il Senato ha istituito la Commissione di inchiesta sul femminicidio e la
società civile. Nella legge di bilancio che stiamo discutendo aumenta vatorio a cui partecipano anche centri antiviolenza e le forze della
alla violenza maschile
Dal Piano straordinario contro la violenza di genere alla Commissione d’inchiesta sul femminicidio: quello cha sta facendo il Parlamento è molto ma non è tutto

Francesca Puglisi CONDIVIDI SU

IIn questa legislatura abbiamo cercato di affrontare con grande determinazione il contrasto alla violenza maschile sulle donne. Uno dei primi atti è stato la ratifica della Convenzione di Istanbul, il 27 giugno 2013, un atto importante, in quanto rappresenta uno strumento giuridico vincolante. Preoccupa l’avanzata delle destre e delle forze populiste in Europa che già nel recente incontro a Bruxelles con i Parlamenti Nazionali, hanno iniziato ad attaccare i prin-
dopo abbiamo approvato il decreto 93/2013 contro
cipi fondamentali della Convenzione stessa. Subito L’obbligo di introdurre nei piani triennali della formazione azioni per la parità tra i sessi
di pronto soccorso e di base, scuole, tribunali è il femminicidio e la violenza di genere, che inseri-
semplicemente fondamentale, solo 13 Prefettusce nel nostro ordinamento misure importanti di
re su 100 hanno promosso protocolli di collabo-protezione e di repressione dei reati, come il gra-
razione tra istituzioni a livello territoriale. Imtuito patrocinio per le donne vittime di violenza
portanti passi avanti invece stanno facendo le a prescindere dalle condizioni di reddito, l’allon-
procure nella formazione di pool specializzati tanamento dalla casa familiare, l’ammonimento
di magistrati. e l’arresto in flagranza di reato del maltrattante,
Perché qualcosa cambi in modo strutturale l’aggravante per la violenza assistita da minori. occorre un’attenta educazione di ragazze e ragaz-Per promuovere un vero cambiamento culturale, zi a capire che non c’è amore se non c’è rispetto nella riforma della buona scuola abbiamo introdotto per la libertà e l’autonomia dell’altro, ma anche l’U-
l’obbligo per le scuole di ogni ordine e grado di inserire nei piani triennali dell’offerta formativa azioni di educazione alla parità tra i sessi e di prevenzione della violenza di genere, rivolte non solo a studentesse e studenti, ma anche alle loro famiglie e agli insegnanti.
Nel 2015 con Maria Elena Boschi è stato presentato dal Governo Renzi il Piano Straordinario contro la violenza di genere che istituisce una cabina di regia tra Ministeri, Regioni e Istituzioni coinvolte nella rete di prevenzione, protezione e repressione dei reati ed un osser-
il compito di indagare le dimensioni, condizioni e cause della violenza di genere, di verificare l’attuazione della Convenzione di Istanbul, della legislazione nazionale in materia e la capacità di intervento pubblico nella prevenzione e nell’assistenza delle vittime di violenza e di lasciare, con la relazione finale, indicazioni utili al prossimo Parlamento e al prossimo Governo.
Dopo molte audizioni quello che sta emergendo nella nostra inchiesta è che nonostante oggi il nostro Paese abbia una buona legislazione, mentre gli omicidi calano sensibilmente, i femminicidi restano più o meno invariati ogni anno, con una media di una donna uccisa ogni due giorni. Sappiamo soprattutto che la violenza maschile sulle donne è un fenomeno più ampio dei tragici fatti che arrivano sui giornali. E’ quell’onda di hashtag #quellavoltache dove giovani e meno giovani hanno fatto emergere il mare di molestie e violenze subite sui luoghi di lavoro, in famiglia, sul bus o in strada, dal marito della migliore amica, dopo la denuncia di Asia Argento e di altre donne dello spettacolo. Un quotidiano fatto di mancanza di rispetto e sopraffazione. Ma non solo. Bene ha fatto la sottosegretaria Boschi ad inserire nelle linee guida del piano strategico 2017/2020 una particolare attenzione alla formazione degli operatori delle forze dell’ordine e in accordo con il Vicepresidente del CSM Legnini dei magistrati. Infatti alcune misure come l’ammonimento e l’allontanamento dalla casa familiare o l’arresto in flagranza di reato vengono utilizzate ancora poco da forze dell’ordine e operatori di giustizia. Occorre soprattutto prevenire e saper riconoscere la violenza domestica, che spesso viene confusa come semplice conflitto familiare. Senza coordinamento tra magistratura civile, penale e minorile spesso le donne e i loro figli, vivono una vittimizzazione secondaria, attraversando procedimenti che procedono in parallelo, con l’affido dei figli ad en
trambi i genitori, anche se il padre è indagato per violenza
domestica, cosa vietata dalla Convenzione Istanbul.
Mentre sappiamo che il lavoro di rete tra centri
anti violenza, enti locali, forze dell’ardine, medici
niversità deve assumere il tema della parità tra i sessi
e della prevenzione della violenza di genere come centrale per un vero cambiamento della società italiana. Nella preparazione curricolare di coloro che sono professionisti essenziali per la rete di prevenzione e di protezione delle donne, ovvero medici, giuristi, psicologi, insegnanti, assistenti sociali, occorre inserire quegli elementi formativi per riconoscere ed affrontare la violenza di genere. Perché è solo riconoscendo la violenza maschile e lavorando assieme che potremo sconfiggerla. Insieme, si può fare.
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Giornata internazionale contro la violenza sulle donne
Convenzione di Istanbul, a che punto siamo

Fabrizia Giuliani CONDIVIDI SU

IIn occasione del 25 Novembre, la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, la Commissione parlamentare Diritti delle donne uguaglianza di genere del Parlamento Europeo – FEMM – ha organizzato una riunione interparlamentare sullo stato dell’attuazione della Convenzione d’Istanbul e sul percorso dell’adesione dell’Unione Europea alla Convenzione. Insieme alle colleghe senatrici Fattorini e Puglisi ho partecipato all’incontro, nel quale sono stati coinvolti parlamentari europei e nazionali, oltre che rappresentanti del Consiglio d’Europa, esperti ed esponenti della società civile.
Dall’entrata in vigore della ‘Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica’, ottenuta grazie raggiungimento delle dieci ratifiche prescritte, sono trascorsi tre anni, sei dalla approvazione del Comitato dei Ministri e dall’apertura alla firma per i singoli Stati, quattro dalla ratifica italiana.
Il testo rappresenta il punto d’arrivo di lunghe battaglie politiche e giuridiche, ed è il primo strumento giuridicamente vincolante nel contrasto alla violenza contro le donne, definita una lesione dei diritti umani. La Convenzione stabilisce inoltre una correlazione stretta tra violenza e diseguaglianza e individua la chiave della prevenzione nel perseguimento della parità e del riequilibrio tra i generi. Non è difficile comprendere come si tratti di un documento fondamentale, non solo per la vita delle donne ma per la coscienza civile europea.
Contro le molestie
sessuali nei luoghi di lavoro

Titti Di Salvo CONDIVIDI SU

IIn questi mesi, grazie alle denunce di alcune star contro il magnate di Hollywood, Weinstein, si sono accesi il riflettori sugli abusi e le molestie che troppo spesso rappresentano la normalità nel mondo dello spettacolo. La pioggia di denunce che ha col-
Noi parlamentari ricordiamo spesso con orgoglio che ratifica della Convenzione è stato il primo atto della legislatura: a partire da essa l’impegno nel contrasto alla violenza è rimasto centrale nelle azioni dei governi Renzi e Gentiloni grazie all’impegno di Maria Elena Boschi. Oggi però, a livello nazionale ed europeo il vento populista soffia sul fuoco delle paura, minacciando conquiste che davamo acquisite. Nelle riunione a Bruxelles l’appello affinché tutti gli Stati firmatari della Convenzione procedano alla relativa ratifica, ha incontrato riserve e resistenze da parte di parlamentari dell’Europa orientale. Esponenti polacchi, slovacchi e lituani hanno obiettato come le previsioni della Convenzione, in particolare in materia di violenza domestica, possano rappresentare una minaccia all’unità familiare e a i valori cattolici. Conosciamo bene questi argomenti, sono stati quelli che nella scorsa legislatura hanno bloccato la ratifica, ma li abbiamo combattuto e sconfitti. Istanbul è stata votata all’unanimità ed ha rappresentato una delle pagine più belle e condivise della storia parlamentare. Dobbiamo proseguire su questa strada anche a livello europeo, fermando una regressione pericolosa. Insieme alle colleghe svedesi, spagnole e tedesche abbiamo lanciato un appello alla Commissione europea affinché presenti una proposta di direttiva su una definizione comune di violenza di genere per arrivare a un quadro legislativo coerente e ad una strategia europea capace di tutelare in modo omogeneo le donne all’interno dell’UE Ma soprattutto, come abbiamo chiarito nei nostri interventi, occorre affermare che il rispetto e la dignità di ciascun essere umano sono il fondamento di qualunque relazione affettiva e familiare, e che la libertà conquistata dalle donne è una risorsa, non una minaccia alla tenuta delle nostre società.
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vessazioni, mobbing.
Una realtà da cui le lavoratrici fanno fatica a sottrarsi non solo per lo squilibrio di potere spesso esistente, ma anche per l’assenza di strumenti adeguati: sappiamo infatti, grazie alle indagini Istat sul tema, che 9 donne su 100 nel corso della propria vita lavorativa sono state oggetto di molestie o di ricatti a sfondo sessuale sul luogo di lavoro (1 milione e 403 mila), ma che solo il 20% ne parla con qualcuno (di solito colleghi di uf
pito non solo Weinstein ma tante persone
ficio) e solo lo 0,7% denuncia. Spesso dalle avance,Il bubbone esplode a Hollywood ma molestie e ricatti colpiscono tutte le lavoratrici
le battute, i gesti sgradevoli e i palpeggiamenti si di quel mondo anche nostrani, ha come alzato il
arriva anche allo stupro, consumato o tentato: sipario e fatto entrare nella discussione pubbli-
un abuso subito da 76 mila donne sempre conca un tema che non sempre è stato preso con la
siderando l’arco della vita lavorativa. giusta serietà: quello delle molestie e dei ricatti
Una violenza, quella delle molestie e dei ria sfondo sessuale ai danni delle donne nei luo
catti sul luogo di lavoro, che colpisce tutti i tipi ghi di lavoro.
di lavoratrici, dalle libere professioniste alle di-Sappiamo bene infatti che quello che succede
pendenti, a tutte le latitudini, in maniera parti-a Hollywood e nel mondo dello spettacolo non è colare quando la lavoratrice di trova in una con-molto diverso da quello che succede in altri am-dizione di debolezza, perché disoccupata, in cerca bienti lavorativi, in cui lo squilibrio di potere porta di lavoro o nei momenti di avanzamento di carriera. alcuni uomini a sfruttare la propria posizione attuando Nel Gennaio 2016 è stato sottoscritto dalle organizza-comportamenti molesti, lesivi della dignità e dell’integrità zioni sindacali e datoriali italiane un accordo quadro euro fisica e psicologica delle lavoratrici, accompagnati spesso da ricatti, SEGUE A PAGINA 5
peo contro le molestie nei luoghi di lavoro. Gli attori si impe-gnano a collaborare per creare un ambiente di lavoro in cui viene rispettata la dignità di ognuno e in cui siano favorite le relazioni interpersonali basate sui principi di eguaglianza e reciproca corret-tezza, ritenendo inaccettabili gli atti di molestie o violenze all’inter-no del luogo di lavoro e sollecitandone dunque la denuncia. La sottoscrizione dell’accordo è un passo avanti importante, rag-giunto dopo ben nove anni di confronto. E il tempo del confronto la dice lunga sulle sue difficolta’. Un atto significativo soprattutto alla luce della carenza della legislazione italiana sul tema. Occorre affiancare al grande impegno di questi anni dei governi Renzi e Gentiloni e di Maria Elena Boschi nella lotta contro la violenza sulle donne specifiche norme che supportino e aiutino le donne vittime di ricatti e violenze sul luogo di lavoro, che spesso non denunciano, abbandonano il posto di lavoro o convivono con molestie e ricatti. Una situazione che ci ha spinto a presentare una proposta di leg-ge sul tema. La Pdl ha l’obiettivo di creare strumenti utili per supportare le donne che subiscono una molestia sessuale sul luogo di lavoro per mano di colleghi o datori di lavoro, definendo il fenomeno e tute-lando le donne che decidono di denunciare. Prima di tutto garantendo una difesa del posto di lavoro, proiben-do che la donna possa essere sanzionata, demansionata, licenziata, trasferita, o sottoposta ad altra misura organizzativa con effetti ne-gativi, diretti o indiretti, sulle sue condizioni di lavoro, a causa dalla denuncia. In secondo luogo prevedendo degli strumenti di tutela all’interno del posto di lavoro: proponiamo di estendere il congedo di tre mesi attualmente esistente per le vittime di violenza, anche alle vittime di ricatti o molestie sessuali. Vista l’urgenza del tema, speriamo di riuscire a raccogliere un consenso trasversale fra le forze politiche cosicché la proposta si trasformi in legge entro la fine della legislatura. SEGUE DA PAGINA 4 LEGGI SU DEMOCRATICA.COM Giornata internazionale contro la violenza sulle donne
Il lavoro come risposta alla violenza: Viva Bistrot, le donne di Poggiomarino che ce l’hanno fatta
Hanno scelto la parola “Viva” per dare il nome al loro ristorante, aperto tutto il giorno dalla colazione alla cena. Un nome con un senso profondo se pensiamo che si tratta di un locale – che è anche bottega e catering

nato dall’incontro di tre donne vittime di maltrattamenti domestici, Antonella, Raffaella e Maria. Come a dire che da una situazione di violenza – perpetrata da chi avrebbe dovuto amarle – è anche possibile uscirne. Che anche da tanto dolore può nascere qualcosa di bello e gioioso come Viva Bistrot, che ha aperto i battenti da poco più di un mese a Poggiomarino, in provincia di Napoli. “Abbiamo voluto dare un nome positivo
a significare ‘ce l’ho fatta’”, spiega Maria
Cristina Cangianiello, insegnante e responsabile comunicazione di Viva Bistrot. Ma il nome non è l’unico elemento che vuole trasmettere il riscatto e il ritorno alla vita. Nel locale ci sono “tanti simboli di libertà – racconta Maria Cristina – C’è una bicicletta appesa al muro che rappresenta la possibilità di andare via, ma verso nuovi orizzonti”. Nel logo tante farfalle svolazzanti

che ritroviamo anche nel ristorante – e una
donna raffinata con un cocktail in mano, le
scarpe (non a caso) rosse e una toque in testa, perché è anche una chef. “E poi c’è una parete che sta attirando una grande attenzione nel locale, è la parete delle donne della storia – spiega – perché per
noi era fondamentale avere dei riferimenti importanti di donne che nella loro vita hanno lasciato il segno e che hanno sposato cause importanti a favore dei diritti delle donne”. L’idea è nata dall’avvocato Rosita Pepe attraverso Artemide, la sua associazione che gestisce lo sportello antiviolenza in collaborazione con il Comune di Poggiomarino. “L’unico modo per poter dare una mano a queste donne è offrir loro un lavoro – racconta ancora Maria Cristina – Molte di queste donne non potevano lasciare casa perché non erano economicamente indipendenti, avevano
dei figli e non avevano una famiglia che le
potesse accogliere”. Ma come tutti i percorsi di rinascita, anche questo non è stato né semplice né rapido. Ma con l’impegno delle fondatrici della Cooperativa Viola che raggruppa, oltre alle donne vittime di violenza, diverse professioniste – avvocatesse, imprenditrici, insegnanti, tra cui Maria Cristina – in due anni sono riuscite a dare vita a Viva Bistrot. “È stato un percorso lungo, c’era bisogno di fondi. Dopo aver presentato il progetto, grazie a Coopfond, il fondo della Lega Coop,
sono arrivati i primi finanziamenti che ora
stiamo restituendo. I fondi ovviamente non sono bastati per fare tutto, quindi siamo
passate all’autofinanziamento. I problemi
non sono mancati, ma ci siamo riuscite”.
Totti in campo nel ricordo di Sara Di Pietrantonio

Una partita di calcio a Roma in memoria di Sara Di Pietrantonio e di tutte le vittime di femminicidio. A mettere a disposizione lo spazio è stato l’ex capitano della Roma Francesco Totti, nella sua scuola calcio a Ostia. Sul campo la Nazionale magistrati e quella formata da ex calciatori e attori. Sugli spalti tantissimi giovani studenti romani che in questi mesi hanno lavorato a dei progetti contro la violenza sulle donne e contro la discriminazione. La sottosegretaria alle Pari opportunità Maria Elena Boschi ha ringraziato Totti per il sostegno all’iniziativa e per la presenza di uomini come lui che “i ragazzi – ha detto Boschi – vedono come punti di riferimento” anche perché “il messaggio forte di oggi” è che questa battaglia veda “gli uomini e le donne dalla stessa parte”.
Giornata internazionale contro la violenza sulle donne
“Aiutiamo chi soffre a ritrovare la normalità”
L’impegno a favore delle donne dell’avvocatessa vittima di violenza
Intervista a Lucia Annibali

Carla Attianese CONDIVIDI SU

IIncontriamo Lucia Annibali nella redazione di Democratica, in una pausa tra un impegno e l’altro, dopo la notizia dell’approvazione in conferenza Stato-Regioni del nuovo Piano d’azione contro la violenza sessuale e di genere, a cui ha lavorato in qualità di consigliera della sottosegretaria Boschi per le Pari Opportunità. Lei è l’avvocatessa che il 6 aprile del 2013 fu sfregiata con l’acido su mandato dal suo ex, che per questo è stato condannato a 20 anni in Cassazione. Ma Lucia oggi preferisce essere soltanto l’avvocato Annibali, una donna che dopo il dolore è riuscita a rinascere, diventando uno straordinario simbolo di coraggio per
tante donne, e forse anche per qualche uomo.
Lucia, per il nuovo piano antiviolenza approvato oggi hai curato le linee guida per l’assistenza socio-sanitaria. Raccontaci il percorso che ha portato a questo risultato.
Si tratta di un piano formato da due documenti, il piano triennale vero e proprio e le linee guida per l’assistenza medica. È stato un lavoro complicato, perché in realtà abbiamo messo insieme esperienze già esistenti provando a produrre un documento il più condiviso possibile. Oggi abbiamo ottenuto un risultato importante, con delle linee guida che con i decreti attuativi saranno immediatamente operative. È importante, per una donna vittima di violenza che si presenta al pronto soccorso, trovare fin dal triage del personale formato in grado di riconoscere i segni di maltrattamenti dichiarati o non dichiarati, così come è importante che venga da subito inserita in un percorso, a partire dalle visite effettuate in un contesto di riservatezza e privacy. È stato fondamentale produrre un documento chiaro e che fosse concretamente applicabile.
A proposito della tua storia, hai dichiarato che dopo il dolore,
adesso vorresti che fosse altro a definirti. Come concili questa
esigenza con il fatto di essere diventata un simbolo per tanti?
Il simbolo è un qualcosa che riguarda l’esterno, e questo rimarrà. Ma è importante, per me come per chiunque soffra, riuscire a trovare
una dimensione di normalità. Anche per questo nel piano abbiamo previsto un accompagnamento all’inserimento lavorativo, il lavoro è il primo passo per riappropriarsi di sé.
In questo tuo percorso hai detto di aver trovato tanti nuovi amici, tra cui il regista del film ‘Io ci sono’ tratto dal tuo libro. Com’è stato vedere la tua storia raccontata in un film?
Intanto mi fa piacere ricordare che il film sarà ritrasmesso domani in prima serata. Ho partecipato alle riprese, per me e per noi tutti è stata un’esperienza molto umana. Ho stretto una bella amicizia con Cristiana Capotondi, con il regista, ma anche con l’attore che interpreta ‘lui’.
Tra le iniziative promosse dal governo, e a cui tu hai lavorato, c’è la campagna di comunicazione per il 1522, il numero antiviolenza.
Sì, è una campagna costituita da due spot televisivi. Il mio contributo è stato di provare a costruire un racconto non stereotipato della violenza, che non si fermasse al fatto in sé ma guardasse anche al dopo, e che soprattutto desse l’immagine di una donna consapevole. Le donne che subiscono violenza non sono né deboli né fragili, perché per stare in quelle storie ci vuole forza e anche una grande generosità. È un aspetto poco inesplorato ma che andrebbe approfondito.
Chiudiamo sul tuo futuro. Dopo il lavoro al governo, non hai escluso un tuo possibile impegno in politica.
Il lavoro con il governo dura ormai da un anno. La sottosegretaria Boschi mi ha chiamata il giorno dopo la sua nomina, che era anche il giorno della fine del mio processo in Cassazione, e da subito ho letto la coincidenza come l’apertura di una pagina nuova della mia vita. Non so cosa farò in futuro, ma certamente fare politica può essere un modo per adoperarsi per il bene degli altri, perché se la politica viene praticata con competenza e serietà è fondamentale per la vita dei cittadini. Per questo trovo pericoloso e diseducativo il messaggio dell’antipolitica, bisogna saper costruire e non distruggere, perché se ti opponi a qualunque cosa come contribuisci alla realtà? Invece dobbiamo saperci preoccupare delle persone, prima che di noi stessi.
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#orangetheworld I sedici giorni di campagna delle Nazioni Unite
La Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne è una è stata istituita dall’Onu il 17 dicembre 1999 in ricordo del brutale assassinio nel 1960 delle tre sorelle Mirabal. Per quest’anno, la campagna dell’Onu prevede, a partire dal 25 novembre, una no stop di 16 giorni di iniziative in tutto il mondo. La campagna si concluderà simbolicamente il 10 dicembre, Giornata per i diritti umani. La campagna UNiTE dell’Onu quest’anno ha come slogan “Nessuno deve essere lasciato
indietro: poniamo fine alla violenza contro
le donne e le ragazze” e mette al centro innanzitutto le donne più fragili e vulnerabili: tra i rifugiati, i migranti, le minoranze, i popoli
indigeni e le popolazioni colpite da conflitti e
disastri naturali. Si può aderire alla campagna attraverso i canali Facebook, Twittere postando foto e video sui social con gli hashtag #16days e #orangetheworld Tante le iniziative che si stanno organizzando in tutto il mondo. A Roma si terrà la manifestazione nazionale Non Una di Meno, che partirà alle ore 14 da piazza
della Repubblica. Ancora, il movimento One Billion Rising, dell’attivista e drammaturga americana Eve Ensler, ha lanciato la
campagna Solidarietà che fino al 14 febbraio
2018 coinvolgerà un miliardo di persone, per celebrare in modo gioioso irriverente e libero, la volontà di fermare ogni forma di
abuso sulle donne e sulle bambine. Infine,
il 25 novembre arriva in Italia come prima europea, al WeWorld Festival di Milano, il documentario City of Joy, scritto e diretto da Madeleine Gavin, incentrato sulle parole Solidarietà, Creatività e Unione.
Giornata internazionale contro la violenza sulle donne
Sblocca il coraggio, la campagna del Governo per il numero 1522 antiviolenza e antistalking

“Dalle uno schiaffo!”??
La risposta dei bambini alla violenza nella campagna Fanpage

Leopolda

Le nostre radici per il cambiamento

Giuliano Da Empoli CONDIVIDI SU
Segue dalla prima
TTroppi volti che non conosce, nell’immensa sala che incoronerà JFK candidato, e soprattutto “la patina di quell’altra vita, la seconda vita americana, la lunga notte elettrica delle luci al neon che conducono lungo l’autostrada verso il mormorio del jazz”. Ora, con le dovute proporzioni e, purtroppo, senza il mormorio del jazz, la Leopolda è sempre
stata questo. Un luogo nel quale i signori delle tessere e i professionisti del retroscena si sentono a disagio: l’unico grande appuntamento in cui, ogni anno, la politica esce dalla sua bolla e si lascia contaminare da quel che c’è fuori. Qui, i leader politici non vengono a posizionarsi con un sapiente uso di aggettivi, ma ad ascoltare le storie – e le proposte – di centinaia di donne e di uomini diversissimi tra loro, accomunati solo dalla passione per quello che fanno. Qui, i cremlinologi che scrutano il palco per capire chi scende e chi sale restano a bocca asciutta perché quasi sempre, sul palco, ci sono figure che non riconoscono.
Certo dalla prima edizione molte cose sono cambiate. Nell’autunno del 2010, l’Italia sembrava vittima di un incantesimo,
condannata al declino da una gerontocrazia irresponsa
bile che danzava sull’orlo dell’abisso. A partire dal
2014, una nuova classe dirigente nata in parte
anche qui ha iniziato faticosamente a rimettereQuesto in moto il Paese e i risultati si misurano nei
numeri della crescita economica e dell’occu-
è l’unico
pazione. appuntamento Eppure oggi nessuno di noi può dirsi sod
disfatto. E nel rivendicare legittimamente
in cui la politica si
quanto è stato fatto negli ultimi anni, l’accento va messo molto più sull’urgenza delle cose
lascia contaminare
da fare che sul compiacimento per la strada da quel che c’è percorsa. La Leopolda è fedele a se stessa se rimane il luogo dell’impazienza, non quello della
fuori
celebrazione.
SEGUE A PAGINA 9
Leopolda
SEGUE DA PAGINA 8
In questo momento, l’unica strada per uscire dalla palude che è tornata a dilagare dal 4 dicembre dell’anno scorso è di riattivare lo spirito della Leopolda che si può riassumere in una semplice ingiunzione: passare dal chi al cosa.
Ma, al di là della retorica, cosa vuol dire in concreto?
In primo luogo, rispetto ai compagni di strada, passare dal chi al cosa significa che qui nessuno ha mai richiesto le analisi del sangue e tutti sono sempre stati benvenuti a prescindere dal luogo di appartenenza, purché avessero qualcosa da dire e da condividere. La Leopolda è il migliore antidoto contro l’antica passione della sinistra per la scissione dell’atomo che è purtroppo tornata a manifestarsi impetuosamente negli ultimi tempi.
Secondo: rispetto agli avversari, passare dal chi al cosa significa abbandonare l’invettiva personale e concentrarsi sui contenuti e, soprattutto, sulle conseguenze. Nel caso del M5S, ad esempio, il problema non è l’incompetenza dei grillini in quanto tale. Gli elettori non votano le persone sulla base della competenza. Il problema sono i danni concreti che il governo degli incompetenti produce. Di Roma e di Torino si sa, ma cosa
2011 Leopolda 2
Big Bang
si può dire dei comuni dove hanno raddoppiato le tasse (Civitavecchia), bloccato la costruzione di ospedali (Livorno), impedito la vaccinazione dei bambini negli asili (Porto Torres)? Questi sono gli esempi che ci preoccupano e che l’Italia non può permettersi: l’applicazione su scala nazionale del modello Lagos.
Governare l’Italia è una cosa seria, non un videogioco su internet. Per questo, il terzo punto è anche il più fondamentale: passare dal chi al cosa significa interrompere la psicanalisi di gruppo e mettere al centro le proposte per il futuro del Paese. La Leopolda ha sempre avuto questa funzione. Da qui sono uscite quasi tutte le idee che hanno segnato la stagione dei governi Renzi e Gentiloni: dal Jobs Act, agli 80 euro, passando per le unioni civili e per l’elezione diretta del presidente della commissione europea.
Oggi in un Paese che sembra sospeso di nuovo tra le due trappole che lo attanagliano da sempre: la nostalgia dello si stava meglio quando si stava peggio e la tabula rasa di chi vuole ripartire per l’ennesima volta da zero, serve un’agenda radicale. Che sia, cioè, dotata di radici e capace di rompere gli schemi. Proprio ciò che la Leopolda è stata fin dal primo momento.
LEGGI
SU DEMOCRATICA.COM
2010 Leopolda 1
Prossima fermata Italia
2010-2016 sette anni di Leopolda
2012 Leopolda 3
Viva l’Italia viva
2013 Leopolda 4
Diamo un nome al futuro
2016 Leopolda 7
E adesso il futuro
2014 Leopolda 5
Il futuro è solo l’inizio
2015 Leopolda 6
Terra degli uomini
Ci vediamo oggi alla Leopolda a partire dalle 19 Domani ricominciamo alle 9:30 e fino all’ora di cena, con una pausa pranzo Domenica vi aspettiamo dalle 9:30 fino alla chiusura delle 13
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Oggi il treno Pd in Toscana con arrivo alla Leopolda
Oggi è la volta della Toscana. Prima tappa, in mattinata, a Chiusi (Siena) alla Emma Villas, tour operator turistico nel settore ville e casali. Nel pomeriggio sarà invece a Montevarchi, in provincia di Arezzo. Poi sarà la volta di Pistoia (17,50) per una visita allo stabilimento Hitachi. Una visita con un
rilevante significato politico visto che alla guida
della città è arrivata un’alleanza di centrodestra per la prima volta dopo 70 anni. Il segretario dem aveva già messo piede in città il 17 ottobre di un anno fa, per l’inaugurazione della nuova sala prove dello stabilimento Hitachi Rail Italy. Alle 19, poi, Matteo Renzi arriverà a Prato per una visita alla Tecnosistemi, una delle aziende di Industria 4.0 specializzata in soluzioni tecnologiche per aziende, enti e scuole.
Infine, alle 20,30, il convoglio di Destinazione
Italia raggiungerà Firenze dove Renzi prenderà parte all’ottava edizione della Leopolda.
Roma – Tiburtina ore 11.00 24 NOVEMBRE venerdì Chiusi ore 12.45 Montevarchi ore 15.00 Prato ore 19.00 Pistoia ore 17.50 Firenze – Leopolda ore 20.30
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