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Perle Dal Fronte

Di Ouday Ramadan

SU UN TAPPETO VOLANTE

Trasporto l’animo sul leggendario tappeto volante delle fiabe arabe, attraverso lo spazio-tempo.

Siria

Il mio viaggio comincia a Ugarit settemila anni fa, dove l’uomo iniziò per la prima volta a scrivere.
Allora odo gli immortali versi del poeta ugaritico: “in verità vi dico, venite a me, che questa terra non è terra di guerra, poiché la mia legge non la permette. In verità vi dico, che questa terra è terra di solchi, di aratri e di cultura”.

Volo sui monti di Taurus dove aleggia ancora lo scettro di Marco Crasso ucciso dai Parti. I Parti erano guidati dal generale Surena e fu proprio un siriano a tradirlo.
Il mio tappeto vola veloce e arrivo alla montagna Laudicea. È calva e arida. Qui Eraclio fu sconfitto dai siriani e ancora oggi il vento sussurra le parole dell’imperatore bizantino: “Pace su di te Siria, i miei occhi non ti vedranno mai più”.

Poi giungo a Tartus. Vedo la cisterna d’acqua sotterranea più grande del mondo, più grande ancora di quella di Istanbul.
Dall’alto avvisto anche l’Isola di Arados, adagiata sul limpido mare, terra di navigatori fenici, e sento le loro preghiere innalzarsi dal Tempio di Amrit.

Riparto di nuovo ed eccomi al castello di Banias, l’inespugnabile fortezza degli Assassini dalla cui torre i seguaci della Setta si buttavano su ordine del Capo, per dimostrare la propria fedeltà.

Sorvolo il cielo di Safita, dalla cui torre si poteva vedere il castello dei Templari segnalare il pericolo che arrivava dall’entroterra. Lo stesso castello, il “Crac dei Cavalieri”, vide la disfatta dei suoi Templari ad opera del Saladino.

Il mio tappeto fa rotta verso est, verso Hama, la capitale dell’Oronte, e allora il mio spirito abbraccia il poeta dei filosofi, filosofo dei poeti. Abou al Aalaa Almaarri, ispiratore del Sommo poeta Dante quando scrisse la sua Commedia diventata Divina.

Ancora a est, verso Palmyra, regno della rivoluzionaria regina Zenobia.

Volo rapido a nord, verso Aleppo, per secoli meta di infinite carovane. Proprio Aleppo, nella cui Cittadella è inciso con lettere di luce su pagine dorate il versetto di Al-Mutanabbi, il poeta alawita, che così recita: “le puledre veloci, la notte e il deserto mi conoscono. Come mi conoscono la spada, la lancia, il calamaio e la penna”. Dalla mia posizione privilegiata posso anche ammirare lo spettacolo di diecimila cammelli assiepati all’interno della Cittadella e sentire, da dentro le sue mura, la gloria di Baghdad e i racconti delle mille e una notte.

Il viaggio prosegue e il mio magico tappeto inverte la rotta fino al Sud, a Homs, città natale di Giulia Domna, madre degli imperatori siro-romani, moglie di Septimius Severus, fondatore della Dinastia dei Severi. E non posso che ricordare le sue nozze da fiaba nella città eterna, Roma.

Sono poi a Maaloula, dove sorge il monastero di San Sergio che custodisce il primo altare cristiano. Ma un tempo era pagano, infatti si può vedere una rete di canaline che fanno defluire il sangue dei sacrifici umani al tempo del paganesimo.

Il viaggio non finisce mai. Sorvolo l’Eufrate che con le sue miracolose esondazioni ha dato vita alla terra più fertile dell’intero pianeta. Qui si può scorgere ancora l’ombra della dea Ashtar, Afrodite direbbero gli Ellenici, Venere dei Romani, che protegge la Diga della Rivoluzione costruita nel ventesimo secolo con il sudore e le braccia dei Rivoluzionari Socialisti.

È proprio Adonis, suo amato sposo, ad accompagnarmi verso un’altra meta: la gloriosa Damasco.
Damasco, meraviglia della meraviglie, la città più antica del mondo, descritta nella Bibbia e prima ancora celebrata da tutte le divinità pagane.
Stavolta scendo a terra, a toccare il suolo, per sentire l’odore dell’incenso, respiro la stessa aria che hanno respirato Santi, Beati e Martiri, gli avi di coloro che cacciarono Galli, Ottomani e Crociati.
Visito la tomba di San Giovanni Battista nei cui pressi fu costruita una chiesa, ottanta anni dopo la morte di Cristo. La chiesa venne sostituita poi dalla prima e più grande opera architettonica del mondo islamico, eretta sotto quell’impero che arrivò ad espandersi verso oriente fino a toccare la muraglia cinese e a occidente fino in Spagna. Ancora oggi in Andalusia si possono assaporare, nelle calde serate d’estate, i profumi dei giardini siriani.
È alle porte di Damasco che Filippo, l’imperatore arabo romano, costruì la sua piccola Roma, con l’anfiteatro e le terme. Qui si fermò la cammella del Profeta Mohammad prima del messaggio divino, quando incontrò nel suo convento il monaco cristiano Buhaira.
C’è anche il mausoleo di Ruqayyah, dove grazie al martirio dell’Imam Hussein, dei suoi figli e dei suoi seguaci, il sangue ha vinto la spada.

Questa è la Siria nei libri di Storia.
Faro per santi, poeti, cavalieri e marinai. Ma anche scienziati, filosofi, conquistatori, mercanti. Oppressi e oppressori.

Bashar Al Assad

Poi guardo alla Siria oggi, la Siria del giovane Bashar Al-Assad. Dove ancora si può sentire il profumo e il palpitare del Socialismo.
Il Socialismo di Nasser, di Chavez, di Morales, di Castro. E dove ancora si sente pulsare il cuore e il sangue dei milioni di martiri algerini, eroi della lotta per la liberazione dall’occupante francese. Qui sventolano ancora le verdi bandiere della Grande Giamairia e il cuore del grande statista africano Moammar Gheddafi, poi martire, ma prima allievo del valoroso condottiero Jamal Abd al-Nasser.
È la Siria di Assad padre e di Assad figlio, Uomini al tempo degli schiavi.

In quanto italo-siriano mi sento come la reincarnazione di Apollodoro il Damasceno, il cui spirito vive, nel bene e nel male, in ogni siriano del mondo.
Apollodoro, il preferito dell’imperatore Traiano, per il quale costruì il Ponte di Traiano sul Danubio dopo la grande conquista della Dacia. Al quale si deve anche l’ultimo rifacimento del Pantheon romano. Ma anche il Porto, la Colonna, il Foro, le Terme di Traiano. L’Arco di Traiano di Benevento e quello che sorge sul molo di Ancona.

I siriani sono come Apollodoro, simili non tanto nell’arte quanto nel profondo spirito ribelle.
Non esitò un attimo, il grande architetto, a criticare le opere architettoniche del nuovo imperatore Adriano. Arrivò persino a dirgli: “Tu non capisci niente di queste cose”. Furono parole che gli valsero l’esilio e poco dopo la morte.

Per concludere, voglio terminare il mio viaggio sul fiume Oronte che attraversa una parte della Siria. Il suo nome significa “fiume ribelle” in quanto il suo corso prende l’insolita direzione che da sud a nord, a differenza di tutti gli altri fiumi della regione.
Voglio quindi confermare le parole pronunciate dai poeti romani:

“L’Oronte è un affluente del Tevere”.