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L’Intervista Televisiva: In Piena Regola!

Di Vittorio Venditti
(Foto), Di Stefano Venditti

Sotto Il Giudizio Della “Troica”!

da six Stefano il cameraman, Giuseppina (mamma di Vittorio), Vittorio, la giornalista Eugenia Nante, Aurelio il tecnico audio

L’altro ieri, Stefano con il suo Articolo, (poi girato come comunicato stampa a chiunque lo avesse ripreso, abbiamo parlato seriamente del lavoro di una giornalista che con la sua troupe ha preso in considerazione quanto avvenuto più di due anni fa a Gambatesa, rimarcando che così non si fa in un paese che si definisce “Civile”. A qualche ora dalla trasmissione dei tre minuti derivati dal lavoro di martedì scorso, lavoro che ha impegnati per due ore e passa Eugenia Nante ed i suoi tecnici, Aurelio e Stefano, (in ordine alfabetico), eccoci a ripercorrere in maniera necessariamente poco professionale, ma soprattutto scherzosa, quanto accaduto per dare a te le impressioni scaturite dalla mente del pazzo che ti tedia.

Detto da Stefano Venditti che è stato il TG 3 nazionale a volerci contattare, (per altro disturbando il mio omonimo che poi ha dovuto fornire i miei recapiti per poter far sì che Eugenia Nante mi acchiappasse, Passo senza perder tempo a quanto accaduto martedì scorso, dicendo innanzitutto che con l’appuntamento fissato alle cinque pomeridiane, persone come Eugenia, Stefano, (non Stefano Venditti), ed Aurelio non potevano aver nulla a che fare, visto che sono giunti nel paesello prima delle quattro e ventisèi, ora di trasmissione dell’SMS di Eugenia che così recita: “Eccoci arrivati a gambatesa . Siamo nella piazzetta con il carrarmato . A dopo eugenia!, (NDR: il messaggio l’ho copiato di sana pianta).
Prima della giornalista del TG 3, (pare che ci tengano a non venir definiti di RAI 3), era arrivato il mio paziente collaboratore, quello Stefano Venditti che col tempo hai imparato a conoscere ed apprezzare per ciò che scrive, cose infinitamente più importanti delle mie farneticazioni. A questo punto, anziché rispondere al messaggio, ho chiamata Eugenia ed invece di sentire il solito “Pronto”, ho ricevute queste testuali parole: “Io resto a vivere qui!”. Senza perdere tempo, io e Stefano siamo andati ad accogliere i nostri ospiti, trovandoli sulla villa, con Eugenia che sembrava davvero innamorata di Gambatesa, cosa che mi lasciava perplesso, cosa che mi faceva già da subito pensare che era troppo presto per dare un giudizio.

Conosciuti anche il cameraman Stefano ed il tecnico del suono Aurelio, subito ci siamo messi a lavorare, visto che se dovevamo passare quel guaio, meglio era cominciare da subito. Eugenia, prima di iniziare ha cercato di spiegare all’asino che giornalmente ti disturba, come funzionasse una ripresa televisiva. Si dovevano fare tante di quelle prove che poi avrebbero portato, fra taglio e cucito, ad un risultato che si risolveva in tre minuti, ciò, perché si trattava di un’intervista da programma; se avessi dovuto partecipare ad un telegiornale, il tempo si sarebbe dimezzato. Insomma: Tutto agli antipodi di ciò che piace fare a noi, comuni mortali che ci vantiamo per giunta di questo ruolo, per così dire: Alternativo. Queste cose me le aveva già accennate Stefano Venditti, ma io pensavo che lui esagerasse per tranquillizzarmi; in realtà tutto si è svolto proprio così, ripetendo volta per volta sempre le stesse cose, pezzi che poi daranno il risultato che vedremo di qui a poche ore.

Seriamente, vanno dette alcune cose: Innanzitutto va lodata la professionalità di una giornalista che prima di venire nel nostro borgo ha saputo fare il suo lavoro di Giornalista per l’appunto, individuando ciò di cui aveva bisogno per la sua inchiesta senza porre paletti da rispettare, ma muovendosi nel marasma di internet ed accettando di venir a parlare con chi, di televisione e professionalità, non solo non capiva niente, (non parlo di stefano Venditti ma di me), ma non vuole capirne un bel fico secco, atteso che la cosa sia diametralmente opposta a quanto, chi fa radio, si trovi a dover trattare giornalmente. Questa cosa deve essere apparsa immediatamente chiara ad Eugenia che, per mettermi a mio agio, spesso e volentieri mi chiedeva se per me andava bene come si stava operando. Da aggiungere che mentre registravamo, proponendoci nelle più disparate condizioni, ho potuto ammirare la professionalità di Stefano e Di Aurelio che, in ogni momento e per qualsiasi situazione venutasi a creare chiedevano: “Eugenia, va bene così? Guarda tu un momento nel monitor e dimmi se può andar bene o se devo modificare qualcosa.” e frasi del genere, argomentazioni che facevano vedere anche a chi non ne capisce che stavamo parlando di un bel lavoro di squadra, quel lavoro che farebbe bene in tante situazioni ma che generalmente l’individualismo che contraddistingue ogni essere umano fa sparire, con l’ovvio e deleterio danno per tutti.

Fatta la prima “chiacchierata”, finalmente si è deciso di andare verso casa, dove avevo preparato il terrazzo con vista sul lago di Occhito, per dare una migliore visibilità all’intervista, ma soprattutto al luogo ove questa veniva registrata. Nell’avvicinarci a casa, Eugenia mi ha detto della pulizia delle strade di Gambatesa ed io le ho spiegato che queste sarebbero potute esser meglio presentate… (ne parleremo nei prossimi giorni).

Eccoci a casa:

L’impressione che colpisce ogni persona che viene a Gambatesa, non poteva non prendere anche la nostra ospite ed i suoi due collaboratori. Espletati i convenevoli, ecco che Aurelio e Stefano iniziano a montare le attrezzature che di lì a poco ci sarebbero servite per preparare quanto vedrai.

Iniziamo alle cinque e un quarto a registrare. Una, due, tre e quattro volte: Sempre le stesse domande, sempre le medesime risposte. Eugenia, volta per volta mi chiedeva professionalmente: “Possiamo andare avanti? … Capisco che non sembrerà normale, ma questo è il modo di registrare … “. Stefano Venditti annuiva e cercava di tenerle spago per evitare che mi spazientissi. In realtà io se fossi potuto scappare lo avrei fatto di corsa; di contro, un po’ perché quanto stavamo facendo è qualcosa di meritorio, un po’ per la mia ostinazione ad arrivare in fondo a ciò che inizio, mi hanno fatto sembrare un perfetto soldato agli ordini di un Generale che, a quel punto, avrebbe potuto anche chiedere al suo sottoposto l’Estremo Sacrificio. Come detto, Eugenia se ne deve essere accorta, ma ha realizzato che io sarei stato comunque al gioco, pur di arrivare alla fine di questa farsa per trarne qualcosa di utile.

Da registrare qualche piccola incomprensione: Ad esempio, nel riprendere la pagina di quest’inutile sito, la Nostra ha preteso che io mi volgessi con il viso allo schermo del computer, non volendo per nulla accettare che così o senza volgermi all’apparato, io non lo avrei visto ugualmente. Questo purtroppo è un problema che ancora non si riesce a far comprendere a chi non capisce perché non patisce, ma è l’ultimo dei problemi, tanto che l’ho accontentata senza proferir parola.

Verso le sèi meno un quarto, terminato lo “spettacolo”, ho pensato di far fare un giro ai miei nuovi amici per il centro storico del paesello; volevo portarli al castello, sperando che dopo gli avvisi telefonici lasciati qualche giorno prima, avrei trovato aperto il Maniero, magari con una guida a disposizione, non fosse altro che per vedere se fossero servite le mie farneticazioni partite dal giugno duemilaundici, o se le prese di merito di altri, valessero realmente a qualcosa.
Stefano, il telecineoperatore, con l’aiuto di Aurelio, camera in spalla, (e non era una videocamera da dilettanti, ma qualcosa che pesa nel vero senso della parola), ci ha chiesto di camminare davanti, per riprenderci mentre discutevamo. Io, con stefano il giornalista a sinistra ed Eugenia, pure lei del ramo a destra, abbiamo eseguito l’ordine, ma a me premeva di più esser maleducato e controllare l’ambiente mentre parlavamo. Per questo mi sono accorto del fatto che, usciti da casa ed incamminandoci per via Eustachio, davanti a noi si creava il deserto, come se stesse passando la peste bubbonica guidata dall’angelo sterminatore; alla vista della telecamera RAI, o TG 3, che dir si voglia, chi normalmente popola questa strada, è sparito come fosse portato via dal vento, magari quel vento che a folate, prima aveva obbligato Aurelio ad interrompere le prove di intervista e dire: “Genni, c’è stata una leggera folata di vento, per favore…” Ed Eugenia: “va bene, riprendiamo dall’ultima frase”. Ed Aurelio di rimando: “Forse è meglio che ricominciate da capo”. In me in quei momenti si risvegliava il vecchio ed incontrastato radioamatore che si chiedeva: “Ma con un radiomicrofono come quello che mi hai messo addosso… non potresti risolvere tu il problema in seguito?”, avevo infatti un dispositivo che a suo tempo è venuto in mio possesso, dopo aver sborsata la cifra di “SOLI…” un milione e duecentomila lire del millenovecentonovanta.

Tornando all’andare verso il castello e parlando con una sempre più gambatesanizzata Eugenia, nello spiegare che il microclima del paesello da una sessantina d’anni era cambiato proprio per colpa del tanto apprezzato lago, non mi accorgevo che la strada era finita e che eravamo arrivati al monumento che avrei voluto far visitare ai miei nuovi amici.

Era aperto?
Ma nemmeno se ti sparavi!

E pensare che dal sabato precedente avevo interessato della cosa il mio amico Riccardo D’Antonio, volendo di riflesso lasciare nel ricordo di queste persone venute da noi per lavoro, un’ottima ed indimenticabile impressione.

Pazienza: Sarà per la prossima, se questi avranno voglia di tornare a visitarci.

Alla faccia di tante buone intenzioni e soprattutto di tante spavalderie di alcune persone che forse non riescono a distinguere il lavoro dal Lavoro.

Fatto questo giro deludente e filmato qualcosa di filmabile, (mi viene voglia di chiedere scusa a Stefano da Roma per avergli fatta portare quasi inutilmente in spalla quella macchina da presa così pesante), terminato il giro dicevo: tornati in piazza Marconi, (mez’u carmnar), ci siamo salutati e l’intera troica che ci ha messi sotto esame come fossimo l’italietta che meritiamo di essere ci ha salutati, restando soddisfatta e lasciando me e Stefano Venditti altrettanto piacevolmente colpiti dalla loro simpatia, ma soprattutto dalla loro professionalità ed umiltà, tanto che ci sembrava di non aver avuto a che fare con dipendenti di un ente pubblico, sicuri del loro ruolo. Io posso ringraziare pubblicamente Eugenia, Stefano ed Aurelio, perché, se mai ce ne fosse stato bisogno, ci hanno dimostrato che la RAI non è quella che vediamo da queste parti, quell’ente leccapiedi di politici secondo come cambia il vento.

A margine, devo registrare le ripercussioni di paese che forse convinceranno Eugenia che non è proprio il massimo venire a vivere qui.
Dopo aver sostenuta la tortura appena raccontata, stanco, ma veramente stanco, mi congedo anche da Stefano Venditti, dopo aver presi i dovuti accordi con lui per il da farsi in merito. Fatto ciò, torno alla vita normale e, considerato il lavoro che avrei dovuto portare a termine il mercoledì, più il supplemento di cui ho dato conto a proposito della paventata morte della scuola locale, unitamente a Totore, decidiamo di uscire anche dopo cena. Nel bar dei fratelli Leonardi, (Cafter), oltre ai pochi amici che si possono incontrare infrasettimanalmente, ci viene incontro una donna che si permette di apostrofarmi come segue: “Hai chiamato pure la televisione? Ma è meglio che lo sai: Se mi hanno ripresa, ti faccio passare un guaio”. Normalmente faccio nome, cognome e soprannome, soprattutto dei detrattori e comunque di chi mi minaccia; trovandomi però di fronte ad una donna con figli che normalmente alla sera è ubriaca, quando non drogata, (e non certo per colpe altrui), preferisco dirti solo ciò che le ho risposto, consistente nel fatto che l’ho rassicurata del non esser stata ripresa, non tanto perché non c’è nulla da riprendere, (cosa per altro vera), quanto per il fatto che non esistesse motivo per farlo.

Tornando a bomba e concludendo, oggi, in attesa di “giudicare” il risultato di tanta stanchezza che mentre scrivo ancora non mi passa, voglio ringraziare di cuore una troupe che con la sua giornalista ha portata una ventata dirompente in un paese prima, ma in una regione poi, (abusiva secondo me), ventata che spero serva a qualcosa, ventata che comunque ha dato maggior lustro a problemi che tutti conosciamo ma che tutti nascondiamo come polvere sotto il tappeto, arrabbiandoci con chi cerca di passare l’aspirapolvere, per poi, una volta pulita la casa, vantarci di averlo saputo fare meglio ed al posto di chi lo ha fatto.
Intendiamoci: A me, come prima, quando avevo meno di cento visite al giorno, me ne frega altamente di aver raggiunte le duecento giornaliere o le cinquecentotrenta dell’altro ieri; a me la cosa non cambia la vita. Bello è però poter sapere che se butti una bottiglia nel mare che è internet, prima o poi si trova una Eugenia che, da capitano di nave, con l’aiuto dei marinai Stefano ed Aurelio, raccoglie il recipiente e, curiosa, ne legge il messaggio contenuto all’interno, un messaggio di disperazione ed avvenuta rassegnazione che magari può venir divulgato ed alla fine portare ad una bella e proficua soluzione per chi ha bisogno di un simile risultato.

Parola Di Ulisse!