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15 Dicembre 2017
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15 Dicembre 2017
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Democratica

Della Redazione Di Democratica

n. 92 venerdì 15 dicembre 2017
“Se la politica sa emozionare non tutto è perduto” (Emma Bonino dopo l’approvazione del biotestamento)
PAGINA 6 Attacco alla rete Trump cancella la Net Neutrality A rischio la libertà e la parità di accesso su Internet
L’EDITORIALE / 1


Si rischia una campagna elettorale da cortile
Mario Lavia
SSergio Mattarella non ha ancora sciolto le Camere ma è evidente che la campagna elettorale, con i relativi comizi, è già iniziata. Il dubbio è se i cittadini voteranno pensando a Banca Etruria o piuttosto ai problemi veri della vita reale, o magari ai nuovi diritti che questa legislatura ha faticosamente riconosciuto (si parla sempre male del Parlamento, ma bisogna togliersi il cappello di fronte ad una maggioranza che riesce a realizzare una riforma civilissima come quella del biotestamento. SEGUE A PAGINA 7
L’EDITORIALE / 2

Una nuova legge per le imprese culturali
Anna Ascani
QQuando s’intraprende un viaggio, specialmente se si prevede lungo e faticoso, oltre alla meta occorre avere ben chiara la motivazione che spinge a partire, tutto ciò che potrebbe servire durante la strada e, ovviamente, accertarsi di avere dei buoni compagni d’avventura. Nel 2015 è cominciato il viaggio verso una Legge che riconoscesse le Imprese Culturali e Creative: è una proposta nata dal basso, da una chiacchierata con alcuni giovani professionisti. SEGUE A PAGINA 4
CENTRODESTRA
Meno tasse per nessuno: le storiche ricette di Silvio
A PAGINA 2
Economia
L’Ocse: “Il Jobs Act è una riforma che funziona”
L’ L’ Ocse promuove il Jobs Act e la riforma della “Buona Scuola” varata nel governo dei mille giorni. E’ quanto emerge dal rapporto dell’organizzazione di Parigi sull’Italia “Getting Skills Right” (“Come avere le giuste competenze”). “Il Jobs Act – si legge nel rapporto – rappresenta una riforma ambiziosa del mercato del lavoro che ha come obiettivo quello di affrontare le cause della dualità del mercato del lavoro italiano attraverso un nuovo quadro normativo che rimodella i rapporti tra datori di lavoro e dipendenti in Italia. Sono molte le sfide all’attuazione efficace delle recenti riforme del mercato del lavoro. Molte di queste si legano al radicale cambiamento di paradigma da politiche del lavoro passive ad attive anche attraverso l’istituzione della nuova Agenzia Nazionale per le Politiche Attive (Anpal)”. Sulla Buona Scuola, mette in evidenza invece il rapporto, “la riforma ha le potenzialità per rinnovare il sistema educativo italiano fornendo, anche attraverso l’Alternanza Scuola Lavoro (ASL), nuovi incentivi al sistema educativo e alle imprese per rafforzare la loro cooperazione”
Prometeia: “La ripresa italiana è più solida”
L’ L’ Italia è orientata a chiudere il 2017 con un crescita del Pil pari all’1,6% dal +1,4% stimato a settembre. È quanto emerge dal Rapporto di Previsione Prometeia di dicembre con l’aggiornamento delle stime macroeconomiche per Italia, Europa e mondo. Secondo l’istituto bolognese, “mentre l’uscita dalla recessione del 2012-2013 era stata guidata dalla spesa delle famiglie, sostenuta dalla politica di bilancio e molto concentrata sull’acquisto di mezzi di trasporto, da quest’anno la ripresa è entrata in una fase più matura: non più a macchia di leopardo, ma diffusa tra i diversi settori industriali e allargata ai servizi, con l’importante risveglio del turismo”. Guardando ai risultati stimati per l’anno che sta volgendo al termine, l’istituto sottolinea come la crescita (+1,6%) sia “la più elevata degli ultimi 7 anni, crescita superata solo tre volte dall’avvio dell’Eurozona”.
Tutte le volte che Berlusconi ha promesso di abbassare le tasse
Silvia Gernini CONDIVIDI SU
“N“Non abbiamo mai messo le mani nelle tasche degli italiani”. È una delle frasi più celebri dell’ex Cav. Quando inizia la campagna elettorale, le tasse diventano la sua seconda ossessione. La prima è intervenire alle presentazioni dei libri di Bruno Vespa da dove Berlusconi può promettere per l’ennesima volta di abbassare le tasse in caso di un suo ritorno a Palazzo Chigi. All’ennesima ospitata con il giornalista di Porta a Porta, Berlusconi questa volta ha insistito sulla flat tax che “permetterà di poter avere meno
tasse su famiglie e imprese” portando così a maggiori consumi e ristoranti pieni, etc etc. Una storia che conosciamo bene.
Ma quanto ha effettivamente abbassato le tasse Berlusconi durante i suoi governi? In un’intervista al Corriere della Sera dopo le elezioni siciliane, l’ex premier aveva dichiarato di essere riuscito “a portare la pressione fiscale al 39%, ora è al 43,3%”. Durante il suo ultimo governo, dal 2008 al 2011, però, la pressione fiscale in realtà è rimasta invariata. A voler proprio essere pignoli, è addirittura aumentata, passando dal 41,7% al 41,9% del 2011.
Proprio la finanziaria del 2011 ha introdotto un sostanziale aumento della tassazione, uno dei più alti della storia del Paese. Ma anche a voler tornare indietro ai precedenti tre esecutivi guidati da Berlusconi, la situazione
non cambia. Non c’è traccia di diminuzioni
di tasse se non a parole, quelle degli slogan usati durante le varie campagne elettorali.
Il primo esecutivo, dal 1994 al 1996, la percentuale è passata dal 40,6% al 41,4% del Pil. Il secondo e terzo, allo stesso modo, segnano un aumento della pressione fiscale con una percentuale che – dal 2001 al 2006 – dal 40,5% sale al 41,7%. Insomma, le mani nelle tasche ce le ha messe eccome.
LEGGI
SU DEMOCRATICA.COM
M5S
I Cinque Stelle e lo zig zag sugli 80 euro
Ieri

Gli 80 euro sono solo serviti a Fonzie per comprarsi le Europee!” “Gli 80 euro di Renzi sono una mancia miserabile” “Renzi come Achille Lauro, dà gli 80 euro in cambio del voto” “Italia venduta per 80 euro”

Oggi
Di Maio a Radio Anch’Io “Se M5s andrà al governo non abrogherà gli 80 euro”
La sindaca M5S indagata per turbativa d’asta
LLa sindaca di Dorgali (Nuoro) Maria Itria Fancello, del Movimento 5 stelle, è indagata dalla Procura di Nuoro per turbativa d’asta. Lo ha annunciato lei stessa su Facebook. “Volevo informare i cittadini di Dorgali che mi è stata notificata una richiesta di proroga delle indagini da parte della procura di Nuoro. A quanto pare, insieme a mio marito, ex dipendente della cooperativa Ghivine, e all’assessore Fabrizio Corrias sono indagata per turbativa d’asta. Per quanto sono riuscita a ricostruire, non ero a conoscenza dell’attività”.
La cooperativa Ghivine di cui parla Fancello aveva presentato qualche tempo fa un ricorso al TAR contro la gara a Dorgali perché voleva una proroga nella gestione dei siti archeologici.
Cultura
Ecco perché serve una legge per le imprese culturali
Una nuova normativa nata dal basso per agevolare e finanziare le realtà creative
Anna Ascani CONDIVIDI SU
Segue dalla prima
LLa motivazione per arrivare presto e bene alla meta è stata anzitutto la necessità di mettere a sistema e valorizzare le specificità di un indotto che, stando alle ultime stime della Commissione UE,
rappresenta il 3% del PIL europeo e il 6% del
la ricchezza prodotta in Italia. Ma non solo.
Durante questo viaggio mi sono resa conto di
quanto numerose fossero le diverse e com
plesse realtà territoriali che avevano bisogno
di una struttura giuridica che consentisse loro
anche solo di accedere a un sistema di benefi
ci già previsti per altre realtà imprenditoriali.
Con queste intenzioni, è iniziato un viaggio
che davvero poi si è dimostrato essere lungo
e faticoso: la proposta di Legge che avevo de
positato ha preso la forma che solamente un
lungo confronto fatto di due anni di audizio
ni, colloqui e dibattiti con tutti i protagonisti
del settore poteva dargli. Lo scorso settem
bre, la Camera dei Deputati ha così approvato
in prima lettura un testo leggero, ma al tempo
stesso importantissimo.
All’articolo 1, la Legge stabilisce i requisiti
che devono essere posseduti da un’impresa
per essere qualificata culturale e creativa: è un passaggio fondamentale perché, oltre a disegnare l’ambito di applicazione della Legge, consente anche di chiarire quali soggetti poi potranno avere accesso all’iscrizione nello specifico elenco che verrebbe istituito presso il Ministero dei beni culturali e del turismo. L’articolo successivo del testo, così come approvato in
prima lettura, prevede poi sabilità di altri, questo viag-alcune agevolazioni per le gio venga interrotto, al-imprese culturali e creati-
cune delle disposizioni ve iscritte nell’elenco: si
più importanti (come la tratta di benefici che con-
definizione di Impresa sentono di svolgere l’atti-
Culturale e Creativa e il vità d’impresa in modo
sistema dei voucher) po-più efficace e mirano
trebbero rientrare nel te-
Un indotto che rappresenta il 3% del PIL europeo e il 6% di quello italiano
quindi a supportarne lo svolgimento. Ad esempio, le ICC potrebbero chiedere la concessione di beni demaniali dismessi e adeguati al progetto artistico-culturale dell’impresa, e tutto a un canone agevolato, sostanzialmente limitato alle spese di manutenzione ordinaria. Originariamente erano previste anche altre misure, come la predisposizione di voucher che, emessi dal Ministero per importi predeterminati, erano pensati come sostegno anche economico, soprattutto in fase di start-up
dell’attività d’impresa culturale e creativa.
La Legge, approvata in prima lettura, si trova ancora in Senato, dove è stata chiesta dal Partito Democratico la sede deliberante per velocizzare il percorso, confidando nella responsabilità delle altre forze politiche in que
ste ultime settimane di legislatura. Facendo però i conti con la possibilità che, per irrespon-
sto della Legge di Bilancio
per il 2018.
Per l’approvazione della
Legge di Bilancio bisognerà at
tendere solo qualche giorno, du
rante i quali, insieme ai miei colleghi che hanno condiviso il percorso e che continuo a ringraziare per essere stati una solida certezza, lavoreremo per fare in modo che, seppure lungo una strada diversa da quella che avevamo pensato due anni fa, la meta venga comunque raggiunta.
LEGGI
SU DEMOCRATICA.COM
Imprese culturali
Intervista a Irene Manzi
Imprese culturali e creative: l’Italia scopre il suo tesoro
“La legge non crea le imprese culturali, ma prende atto di una realtà articolata che ha voglia di essere riconosciuta”
Giovanni Belfiori CONDIVIDI SU
IIl 2018 sarà l’anno europeo del Patrimonio culturale. Un anno cucito su misura per l’Italia, dunque, che ha la massima densità di siti Unesco del mondo. Eppure, nonostante Italia e cultura sia un binomio consolidato, solo ora, e proprio in coincidenza con l’anno europeo, sta arrivando in porto una legge che, finalmente, riconosce ruolo e finalità alle imprese culturali. Approvato alla Camera, il provvedimento è ora è all’esame del Senato: è una legge molto attesa, perché per la prima volta si riconosce che esiste un mondo composto dai soggetti più vari, dalle associazioni di promozione sociale alle fondazioni, dai circoli letterari ai creatori di videogiochi, che organizza, promuove, crea e genera economia. Insomma, con la cultura si può mangiare, eccome.
La deputata Pd Irene Manzi è stata relatrice del provvedimento alla Camera. Non trova sorprendente che proprio nel nostro Paese mancasse una legge che desse dignità, anche legislativa, a chi si occupa di cultura come motore economico?
«Sì, sorprendente ed emblematico: abbiamo trascurato ciò che davvero sappiamo fare, e bene. L’Italia è il paese con un primato indiscusso dal punto di vista culturale, storico ed artistico, ma è anche quello che ha bisogno di dotarsi degli strumenti per far sì che questa identità culturale, forte e diffusa, divenga un volano forte per la crescita e lo sviluppo.»
Il provvedimento prevedeva incentivi, poi eliminati. Cambierà qualcosa in futuro?
«Proprio in questi giorni stiamo lavorando alla Camera per inserire le imprese culturali all’interno della legge di bilancio. La commissione Cultura ha approvato un emendamento in questo senso e faremo la nostra battaglia in commissione Bilancio.»
La legge raccoglie pareri positivi, pressoché unanimi. È come se da parte degli operatori della cultura si dicesse: “qualcuno si è accorto di noi”.
«La legge non crea le imprese culturali, ma prende atto di una realtà articolata che ha voglia di essere riconosciuta, perché l’aspetto di sfida che accomuna i tanti operatori che abbiamo conosciuto, è questo: noi ci siamo. In quel ‘noi ci siamo’ c’è una richiesta di riconoscimento che, al tempo stesso, porta an
che a una presa di coscienza di quello che si è, del ruolo che si ha, dell’interesse pubblico che si promuove.»
Il futuro albo delle imprese culturali presso il Mibact va in questo senso?
«Sì, rafforza l’identità delle
imprese e consente alle isti
tuzioni pubbliche di prendere coscienza di quello che si muove nel territorio nazionale. Avvia, insomma, un percorso stabile di confronto fra le amministrazioni pubbliche, fra i vari ministeri e chi fa parte di quell’albo.»
È un mondo magmatico, quello delle imprese culturali. Non deve essere stato facile arrivare a una definizione…
«Lavorare alla definizione normativa è stato molto complesso, sfidante, credo, però, che alla fine siamo riusciti a centrare l’obbiettivo, ad essere larghi, a comprendere tante forme giuridiche differenti, e siamo stati perfino pedanti nel descriverle, proprio per non voler escludere nessuno.»
L’eccezionalità, e anche la sfida, di questa definizione è, innanzi tutto, definire ‘impresa’ anche chi non ha la forma societaria dell’impresa.
«L’obbiettivo di partenza era che nessun soggetto fosse lasciato fuori da questo processo, quindi quella definizione ampia e puntigliosa la rivendichiamo con orgoglio. Dopo di che, una volta che sarà riconosciuto, questo settore potrà anche crescere verso forme imprenditoriali più marcate e adottare forme societarie a tutti gli effetti.»
Un aspetto non marginale, citato anche dall’UE è il fattore digitale.
«È già oggi un importante strumento per potenziare la diffusione e la crescita dei contenuti. Tantissime realtà fanno dell’innovazione tecnologica uno dei tratti caratterizzanti, anche attività tradizionali come il museo o il bene culturale possono trovare nelle nuove tecnologie un formidabile alleato. Se penso al digitale, penso però anche a settori che non rientrano nei convenzionali canoni della cultura, come i videogiochi, inseriti nella legge anche se c’era più di un pregiudizio. Sono straordinari strumenti di divulgazione di qualsiasi contenuto, anche e soprattutto nel rapporto con le generazioni più giovani.»
LEGGI
SU DEMOCRATICA.COM
Con la cultura si mangia
6,1%
è la percentuale della ricchezza prodotta in Italia dal settore Cultura pari a quasi
90 miliardi
di euro, con un effetto moltiplicatore capace di produrre sul resto dell’economia pari quasi a
250 miliardi
per un settore che impiega circa
1,5 milioni
di persone, spesso con un’età
anagrafica piuttosto bassa.
Cosa prevede la proposta di legge
La proposta di legge sulle imprese culturali e creative definisce i requisiti necessari affinché un’impresa possa essere definita tale e
iscriversi nell’elenco del Mibact.
Ecco quali sono
avere
per oggetto sociale esclusivo o prevalente l’ideazione la creazione, la produzione, lo sviluppo, la diffusione, la conservazione, la ricerca e la valorizzazione o la gestione di prodotti culturali, intesi quali beni, servizi e opere dell’ingegno inerenti alla letteratura, alla
musica, alle arti figurative,
allo spettacolo dal vivo,
alla cinematografia e
all’audiovisivo, agli archivi, alle biblioteche e ai musei,
nonché al patrimonio
culturale e ai processi di innovazione ad esso collegati;
avere
la sede in Italia o in
uno degli Stati Ue, purché
si abbia una sede produttiva, un’unità locale o
una filiale in Italia;
svolgere
un’attività stabile e continuativa.
Internet
No alla Net Neutrality Trump contro la rete aperta
La Federal Communication Commission abolisce la legge voluta da Obama
Cos’è la Net Neutrality
È un principio secondo il quale ogni contenuto distribuito in Rete, dalla serie Tv ai video prodotti in casa, venga trattato con la stessa priorità e abbia la stessa possibilità di essere raggiunto dagli utenti
finali. È la regola fondamentale su cui, fino ad oggi, si è basato il funzionamento di Internet nel mondo.
Cosa ha significato finora
Fino ad oggi, la Net Neurtality ha fatto sì che gli Internet provider (ISP) non potessero vendere corsie
più veloci sulla banda larga ai grandi produttori di
contenuti digitali.
La situazione negli Usa e nella Ue
Nel 2015 Obama aveva approvato una legge sulla
Net Neutrality che equiparava gli ISP ai fornitori di servizio pubblico, di fatto obbligandoli a non discriminare i contenuti veicolati sulle proprie reti. Con la decisione dell’amministrazione Trump, la legge del 2015 è di fatto superata e la Net Neutrality abolita. In Europa, dopo tre anni di battaglie e la mobilitazione di mezzo milione di cittadini, il Body of European Regulators for Electronic Communications (Berec), lha pubblicato le linee guida per le autorità nazionali, che ha reso realtà la neutralità della rete nella UE.
Carla Attianese CONDIVIDI SU
PPer chi non l’avesse ancora capito, con Donald Trump ogni giorno porta la sua pena. E così, dopo il no all’accordo sul clima, la stretta sull’immigrazione, le provocazioni in campo internazionale e via aggiungendo, ieri a cadere sotto la scure del tycoon è stata la Net Neutra-lity, il principio secondo il quale, sulla Rete, tutti i contenuti sono trattati, e dunque veicolati, allo stesso modo e con la stessa priorità. Un’idea che, nella pratica, ha impedito agli Internet Provider (gli ISP, per capirci i fornitori delle ‘autostrade’ digitali) di favorire un contenuto rispetto ad un altro, consentendo dunque a tutti noi di avere accesso in maniera identica, ad esempio, ai contenuti veicolati da Netflix piuttosto che ai video delle nostre vacanze.
L’atto formale si è consumato nella Federal Communication Commission, dove con tre voti a due i commissari repubblicani (i due democratici hanno votato contro) hanno deciso di revocare la legge voluta dall’amministrazione Obama nel 2015, che stabiliva l’introduzione del prin
200 aziende del web contro la decisione della Fcc, tra cui Facebook, Twitter, Pinterest e Reddit
cipio della rete neutrale nell’ordinamento statunitense.
Il presidente della Fcc, Ajit Pai, ha motivato la scelta con la necessità di più trasparenza e concorrenza, ma di fatto la decisione di ieri schiera senza se e senza ma gli Stati Uniti dalla parte dei fornitori di banda come Comcast e Verizon, secondo i quali le regole imposte alla Rete avrebbero impedito investimenti e innovazione. Nella realtà, se la decisione assunta ieri dovesse attraversare indenne i ricorsi legali già annunciati da varie associazioni, quello che accadrà è che gli Internet provider potran
no fornire a pagamento, a un produttore di contenuto piuttosto che a un altro, linee di accesso più veloci e di maggiore qualità, privilegiando di fatto un contenuto rispetto a un altro.
In pratica l’opposto dell’impostazione voluta da Obama, secondo la quale nelle società moderne, dove Internet è diventato parte integrante delle nostre vite, l’accesso aperto alla Rete deve essere considerato alla stregua di un diritto.
Contro la decisione della Fcc si sono schierate non solo tutte le principali associazioni di consumatori, ma anche i consorzi delle grandi aziende del Web, tra cui la Internet Association che include Google e Facebook. E lo scorso 27 novembre, in occasione del Cyber Monday, 200 aziende tra cui Twitter, Pinterest, Reddit e Airbnb hanno scritto ad Ajit Pai chiedendogli di fermare la decisione di revocare le regole sulla neutralità della rete.
In Europa la Net Neutrality, per ora, resta sancita dall’atto del Body of European Regulators for Electronic Communications (Be-rec), che l’anno scorso, dopo tre anni di battaglie e la mobilitazione di mezzo milione di cittadini, ha pubblicato le linee guida per le autorità nazionali. E staremo a vedere se la decisione dell’amministrazione Trump resisterà ai colpi dei ricorsi. Ma certo una scelta definitiva degli USA in tal senso non potrà non avere ripercussioni anche nel Vecchio Continente, anche quando, come in questo caso, si pone con tutta evidenza contro la storia.
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SU DEMOCRATICA.COM
Banche
Banche, il nostro impegno per la verità
“Contro Boschi solo una campagna politica
“denigratoria preelettorale, sono cattiverie volgari di un confronto politico basato su urla e menzogne”
ETTORE ROSATO
Intanto la Commissione continua a indagare
MMentre le opposizioni concentrano la loro attenzione sul caso Boschi (evocando frasi mai pronunciate da parte della ministra), dimenticano di evidenziare quanto è stato fatto di positivo sul sistema creditizio
negli ultimi tre anni. Una serie di interventi strutturali (non spot),
a partire dal sostegno ai risparmiatori, messi al riparo con il
decreto salva banche, fino alla riforma delle banche popolari,
passando per la riduzione dello stock delle sofferenze bancarie.
E infine la Commissione d’inchiesta, pensata e voluta dal Pd
per far emergere le lacune nella gestione degli istituti bancari
coinvolti e le criticità del sistema. Nonostante l’attenzione
mediatica si stia concentrando sulla vicenda Banca Etruria,
le tante audizioni svolte finora stanno mettendo in risalto le
mancanze del sistema, come il rapporto non sempre adeguato tra Consob e Bankitalia, la lentezza delle procure nel rispondere agli input di via Nazionale e più in generale il ruolo non sempre
efficace della vigilanza. Su alcune vicende ci sono stati
addirittura veri e propri rimpalli di responsabilità tra Consob e
Bankitalia.
Nel dicembre 2015 il M5S presentò una mozione di sfiducia contro l’allora ministra Boschi, cointestando “il coinvolgimento personale e familiare nelle vicende di Banca Etruria”. La mozione venne respinta con una larga maggioranza. Nel suo discorso Boschi disse di non favorito in alcun modo la sua famiglia nella vicenda Etruria e di non aver fatto pressioni.
Il rischio di una campagna elettorale da cortile
Mario Lavia CONDIVIDI SU
Segue dalla prima
UUna legge che arriva dopo le Unioni civili, il Dopodinoi, il divorzio breve eccetera. È assolutamente comprensibile che la destra e gli amici della destra (fra cui spicca, tronfio, il giornale di Marco Travaglio) evitino di parlare delle cose concrete che sono state realizzate per impulso del centrosinistra e del Pd e che spostino il mirino verso qualcos’altro, anche se quel qualcos’altro è chiacchiera o polvere. Me-diaticamente, la via breve della demagogia su un Governo presunto amico delle banche può funzionare. Arrivando persino a urlare al conflitto d’interessi (fa particolarmente ridere quando lo fanno gli uomini di Berlusconi) laddove di conflitto d’interessi non
c’è neppure l’ombra.
Non c’è nessuno infatti che sappia indicare un atto specifico della Boschi teso a favorire sé medesima o il padre o Banca Etruria. Un solo atto. Lo ha spiegato lei stessa in tv ad un Travaglio più agitato del solito – che è tutto dire.
Meno che mai è giunta in proposito alcuna “notizia” dalle parole di Giuseppe Vegas. Egli anzi ha detto esattamente il contrario: che nei suoi colloqui con Maria Elena Boschi non è emerso “nulla di speciale”.
Roberto Speranza si è distinto per aver imboccato una strada senza uscita, invocando le dimissioni della sottosegretaria alla presidenza perché “ha mentito al Parlamento”. Ma è stato facile, atti alla mono, che lei alla Camera non negò di essersi interessata alla questione delle banche.
A quel punto gli avversari del Governo hanno cambiato linea sostenendo che la
Boschi non poteva parlare con il presidente della Consob, il che è evidentemente un’altra sciocchezza in quanto è del tutto legittimo che un ministro – qualunque ministro parli di una questione con il rappresentante di un’altra istituzione.
Il punto dunque non è di merito ma tutto politico. E qui ritorniamo alla campagna elettorale che si è di fatto già aperta.
Se da parte della destra vecchia e nuova si pensa di poterla condurre sui binari della delegittimazione personale, imbarbarendo il dibattito politico e soprattutto eludendo il vero nocciolo della campagna – quali sono le proposte concrete in campo per il Paese?

bisogna preoccuparsi. Ne va della qualità della discussione, ne va del diritto dei cittadini ad una competizione elettorale costruttiva, pulita, trasparente. Una competizione politica, non una rissa da cortile.
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