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Democratica

Della Redazione Di Democratica

n. 90 mercoledì 13 dicembre 2017
“La giunta di Roma non sa gestire i servizi e Raggi è eterodiretta da Milano” (Carlo Sgandurra, presidente dell’Agenzia per la qualità dei servizi)
Giuramento tradito
Consip I due carabinieri Scafarto e Sessa hanno depistato le indagini per mettere in trappola l’allora presidente del Consiglio
ALLE PAGINE 2-3
MOND
DISINFORMAZIONE
Alabama, la prima
Fake news, parlano le
sberla a The Donald
firme del giornalismo
ALLE PAGINE 3, 4 E 5
PAGINA 7
L’EDITORIALE / 1


L’eloquente silenzio delle opposizioni
Andrea Romano
I Ifatti sono ormai chiari, alla luce della sospensione dal servizio di Sessa e Scafarto. I vertici di un reparto dei Carabinieri hanno tramato, depistato indagini e manomesso prove allo scopo di gettare discredito sul Presidente del Consiglio. Una clamorosa violazione del giuramento di fedeltà alla Repubblica da parte di chi è chiamato a difenderne l’integrità, una distorsione in piena regola del funzionamento dello Stato di diritto. Quello che invece non è chiaro, almeno per il momento, è che quei fatti dovrebbero chiamare in causa tutti coloro che hanno a cuore gli equilibri della nostra democrazia. Ben al di là della persona di Matteo Renzi, che ne è stato vittima diretta insieme alla sua famiglia, il tradimento di Sessa e Scafarto costituisce un attacco alle comuni istituzioni repubblicane. Per questo il silenzio dei partiti diversi dal PD colpisce e rattrista. Perché ben al di là della contingenza di questa vigilia di campagna elettorale, l’integrità dello stato di diritto e dunque la tutela di chiunque si trovi a guidare il governo italiano dalle trame ostili di apparati di sicurezza dovrebbe mettere in allarme la politica di qualsiasi colore. Perché colpendo Renzi si è voluto colpire non solo lui e il Partito Democratico, ma l’ufficio pubblico che Renzi svolgeva in quella fase. Un ufficio che domani potrebbe essere svolto da un’altra personalità e da un’altra forza politica: ovvero da coloro che oggi si nascondono in un silenzio di convenienza, contribuendo così a indebolire anche così la solidità della nostra casa comune.
L’EDITORIALE / 2

La governabilità da ritrovare
Alberto Bitonti
IIn Capitalismo, socialismo e democrazia (1942), Schumpeter riformula la teoria della democrazia attraverso una similitudine con il mercato, immaginando la concorrenza (competizione elettorale) tra diversi imprenditori (i partiti) che cercano di convincere il maggior numero di persone (elettori) ad acquistare (votare) i propri prodotti (candidati e programmi).
SEGUE A PAGINA 3
Focus Consip
Depistavano, carabinieri sospesi
piazzale Clodio nei confronti del mag-il fatto mediante distruzione o artificiosa

Democratica CONDIVIDI SU

giore Scafarto e del colonnello Sessa si alterazione di un oggetto da impiegare riferisce, si legge nell’ordinanza di inter-come elemento di prova o comunque uti-dizione, al proposito di “sviare l’indagi-le alla scoperta del reato o al suo accer­
I
nterdizione di un anno dall’esercizio ne relativa all’accertamento degli autori
Scafarto e Sessa hanno sviato le indagini per colpire l’allora Presidente del Consiglio
tamento”. di pubblici ufficiali dei carabinieri mediati e immediati della violazione Per il gip Sturzo questo episodio, ed una nuova accusa, questa volta del segreto a favore dei vertici aggiunto a quelli precedente-di depistaggio per il maggiore dei ca-della Consip”. mente contestati ai due inda­rabinieri Gian Paolo Scafarto e per il In particolare, “Scafar-gati (tra questi il presunto colonnello Alessandro Sessa, indaga-to, che aveva subito il se-falso operato da Scafarto ti nell’ambito dell’inchiesta della procura di questro, in data 10 mag-
in una informativa in Roma su Consip. A disporla il gip Gaspare gio 2017, del proprio
cui, da un lato, accre-Sturzo su richiesta del procuratore aggiunto smartphone al fine di
ditò erroneamente la Paolo Ielo e del sostituto Mario Palazzi. accertare la natura ed
tesi della presenza dei Per Scafarto, già indagato per falso e il contenuto delle co-
servizi segreti nel cor-rivelazione del segreto d’ufficio, è scat-municazioni sia con gli
so degli accertamenti tata anche l’ipotesi di depistaggio. Stessa altri militari impegnati
e, dall’altro attribuì ad ipotesi per Sessa, già iscritto sempre per nelle suddette indagini
Alfredo Romeo e non a depistaggio in relazione alle false dichia-sia con altri estranei alle Italo Bocchino una frase razioni rese al pm. La nuova accusa di stesse, su richiesta ed isti-intercettata: “Renzi l’ul-depistaggio si riferisce all’eliminazione gazione di Sessa ed al fine di tima volta che l’ho incon-delle comunicazioni intercorse tra i due non rendere possibile ricostru-trato”), giustificano la misura al fine di sviare, secondo l’accusa, le in-ire compiutamente le conversazioni dell’interdizione dalle funzioni di pub-dagini della procura sulla fuga di notizie intervenute con l’applicativo Whatsapp, blici ufficiale dei carabinieri anche per riguardanti l’inchiesta a suo tempo aper-provvedeva a disinstallare dallo smar-il pericolo di reiterazione del reato e di ta a Napoli su Consip. tphone in uso a Sessa il suddetto applica-inquinamento probatorio.
L’accusa di depistaggio ipotizzata da tivo; con l’aggravante di aver commesso
LEGGI
SU DEMOCRATICA.COM
Leggo quello che accade, è evidente che questa storia
non finisce qui, perché è una vicenda enorme. Se
“qualcuno ha tradito il giuramento allo Stato è giusto che paghi, ma ci sono i magistrati per verificarlo. Questa vicenda io la seguo con l’atteggiamento neutrale e serio di chi dice: andate avanti e vediamo chi ha ragione o torto”. MATTEO RENZI
Le ombre sul caso Consip
La decisione del Csm
È il Csm a inviare alla procura di Roma alcuni atti della pratica Consip-Cpl, avviata dalla procura campana. Si tratta di documenti da cui emergono delle dichiarazioni che riguardano possibili
comportamenti tenuti da ufficiali di
polizia giudiziaria. Nelle modalità di invio degli atti ci sarebbero delle presunte anomalie.
L’audizione della procuratricedi Modena
La procuratrice Lucia Musti viene ascoltata lo scorso 17 luglio. Tra le dichiarazioni emerge come l’ex capo del Noe Giampaolo Scafarto e il colonnello Ultimo le dissero: “Dottoressa, lei, se vuole, ha una bomba in mano. Lei può far esplodere la bomba. Scoppierà un casino. Arriviamo a Renzi”.
Focus Consip
Quando Democratica il 15 settembre già chiedeva la verità
Scafarto e Sessa accusati di depistaggio
Il maggiore dei carabinieri Gian Paolo Scafarto e il colonnello Alessandro Sessa vengono interdetti per un anno
dall’esercizio di pubblici ufficiali dei
Carabinieri con l’accusa di depistaggio.
Intanto il Paese continua a crescere, ora giù tasse a chi investe e assume
La produzione industriale cresce del +3.1% nel mese di ottobre 2017 su ottobre 2016. Il traino viene dai beni strumentali (oltre il 5%), per i
quali iniziano a farsi sentire le misure di iperammortamento del pacchetto Industria 4.0 e la riduzione della pressione fiscale.
Dopo anni di crisi, la crescita è una realtà.
Con buona pace di chi ancora oggi mette in dubbio le politiche economiche di questi anni. Aggiungo: ancora gli effetti non si sono mostrati del tutto e i prossimi mesi andranno ancora meglio. Mi davano del matto visionario quando dicevo che l’Italia sarebbe tornata a crescere, ora la realtà dimostra che avevamo ragione. Ma non importa rivangare il passato: preoccupiamoci del futuro. C’è un solo modo nel breve periodo per crescere di più: buttare giù le tasse in modo intelligente a chi innova, investe e assume. E dare più potere d’acquisto alla classe media.
Queste cose le dicono tutte. Noi le abbiamo fatte e le faremo se toccherà ancora a noi. Le faremo perché
il Paese non può permettersi di ritornare ai tempi della crisi o affidarsi all’assistenzialismo del reddito di
cittadinanza. Il PD è stato in questi anni il partito della crescita, il partito del lavoro: chi lo nega, nega la realtà. Avanti, insieme
Matteo Renzi
Le riforme che restano da fare

Alberto Bitonti CONDIVIDI SU
Segue dalla prima

LLa democrazia per Schumpeter sarebbe insomma prima di tutto un metodo, una procedura attraverso la quale i cittadini possono ogni 4 o 5 anni scegliere – sulla base dell’offerta data – chi li go
verna; ad ogni elezione, se soddisfatti dell’o
perato dei propri eletti continueranno a vo
tarli, se insoddisfatti delle decisioni prese o
se convinti maggiormente da qualcun altro
potranno cambiare e dare il proprio voto ad
altri. Un modo molto lineare di descrivere il
processo democratico, che tiene in gran con
to gli eletti nella loro responsabilità (proprio
nel senso di capacità di rispondere) di fronte
ai propri elettori, in merito a scelte compiu
te, risultati ottenuti, promesse mantenute o
meno, etc.
Ma è davvero così? In un tempo di rinvi
gorita frammentazione politica, di governi
di coalizione (o addirittura di grandi coali
zioni, cioè tra forze appartenenti a campi
solitamente avversi, come è ultimamente
successo in Germania o in Italia), quanto si è in grado di giudicare le responsabilità dei propri governanti? Quanto è facile spiegare la differenza tra ciò che si sarebbe voluto fare e ciò che si è ottenuto alla luce delle condizioni date (per
esempio data la non autosufficienza in Parlamento)?
In un seminale studio sulle democrazie contemporanee, il politologo olandese Arend Lijphart traccia una distinzione teorica tra democrazie maggioritarie (caratterizzate tra le altre cose dall’alternanza al governo di forze opposte e da leggi elettorali maggioritarie;
Il problema della governabilità rimane in tutta la sua gravità
per esempio il Regno Unito) e democrazie consensuali (caratterizzate da assenza di alternanza, consociativismo e leggi elettorali proporzionali; per esempio l’Olanda o l’Italia della Prima Repubblica). In ottica schumpeteriana, non v’è dubbio che se le democrazie maggioritarie favoriscono la cultura di governo e la chiarezza delle re
sponsabilità di maggioranza e opposizione, le democrazie consensuali – laddove non giustificate dalla presenza di linee di frattura di tipo etnico, religioso o culturale (come in Belgio o in Svizzera) – tendono a far cadere le responsabilità su
tanti o tutti (e quindi paradossalmente su nessuno), rischiando di far precipi
tare il sistema politico in una notte in cui tutte le vacche sono nere.
Fallita la riforma costituzionale del 2016, il problema della governabilità e della chiarezza delle responsabilità dei governanti di fronte ai cittadini rimane purtroppo in tutta
la sua gravità, soprattutto a fronte dei bassi livelli di fiducia dei cittadini nelle istituzioni.
Si tratta di un tema al quale bisognerà certo tornare a mettere mano nella prossima legislatura, per il bene delle nostra stessa democrazia.
LEGGI
SU DEMOCRATICA.COM
IndusIndusIndustria della disinformazione tria della disinformazionetria della disinformazione
I commenti dei giornalisti
IIl fenomeno fake news è serio e
ENRICO MENTANA
importante, ha una dimensio-
DIRETTORE TG LA7
ne internazionale e proprio per questo si può affrontare solo con gli stessi strumenti che lo stanno trasformando in una vera e pro­pria offensiva tecnologica: gli al­goritmi e l’intelligenza artificiale. Ho molti dubbi sulla possibilità che la politica o il giornalismo, da soli, possano fare qualcosa in un ambito esclusivamente nazionale. Da una parte per il rischio che cia­scuna parte politica utilizzi questo tema solo e soltanto contro i propri avversari. Dall’altra perché gli episodi più macroscopici saltano certamente agli occhi, ma sono an­che quelli dall’aspetto inevitabilmente maccheronico”
PETER GOMEZ FATTOQUOTIDIANO.IT
Il problema esiste ma è molto so­
pravalutato. Un’analisi dei nu
meri italiani porta a concludere
che: 1) il numero di condivisioni dei
post fake è in genere bassa 2) anche
i fake sono poco numerosi 3) in ge
nere vengono prodotti per ragioni
economiche e non politiche. Ovvia
mente ci sono eccezioni ed è giusto
discutete del fenomeno mettendo
così i nguardia gli utenti. Ma l’errore più grande è confondere la satira, anche cattiva o mal riuscita di alcuni internauti, con le fake news. Su MillenniuM ci siamo poi occupati per primi e parlando con chi ci lavorava della fabbrica dei troll di San Pietroburgo. Fino a 6 mesi fa non mi risulta che coprissero pure l’Italia. Ho trovato i pezzi usciti in proposito poveri di esempi e voci. Può essere che ora esista un team italiano così come ne esiste uno che scrive in inglese , ma negli articoli che ho letto non ne ho trovato la dimostrazione. La mia impressione è che si confonda la propaganda russa fatta da sputnik e altro siti, con la fabbrica dei troll. Sono due cose diverse”

L
e fake news sono le forbici che cerca-
MARIO AJELLO no di tagliare il nesso tra verità e de-IL MESSAGGERO mocrazia. La soluzione? L’opposto della censura e dei filtri. Una campagna incessante per la conoscenza, una mobi­litazione liberale che ribalti il senso di quella vecchia battuta attribuita a Ro­nald Reagan e diventata spesso senso comune: “In politica la qualità più im­portante è la sincerità. Chi riesce a fin­gerla meglio degli altri vince”.
È
utile che il Pd porti elementi e dati
JACOPO IACOBONI sulle disinfo-ops del network pro LA STAMPA M5S su Facebook. Così che analisi indipendenti possano valutarli in una discussione pubblica, e si apra un lavo­ro di educazione culturale. Curiosa la rabbia di tanti osservatori, ma capisco che chi campa con le fake news sia con­trario a un lavoro d’inchiesta contro la disinformation. Voglio dire chiaramen­te che io sono contrario a ogni censu­ra; ma ricordiamo anche che Facebook esordì negando l’esistenza stessa del problema delle disinfo-ops, e adesso non solo ammette il problema, ma dice di combatter­lo (anche perché costretto dalle inchieste federali Usa). Sempre troppo poco da Facebook, comunque, e ancor meno da twitter, che è fondamentale per la propagazione della disinformation, e ha forte presenza di automazione. Ancora più utile sarebbe che il governo italiano e il ministero dell’Interno – come hanno fatto le amministrazioni americane, il governo e i servizi segreti in­glesi, il governo spagnolo – forniscano pubblicamente i dati sulla pesantezza delle interferenze russe nella stagione elettorale del referendum costituzionale. Il punto non è dire che il referen­dum in Italia, o le prossime elezioni, le ha vinte Putin. Questa è una caricatura, fatta dai difensori delle disinfo-ops. Il punto è che la Russia ha interferito, con vari canali, molti ancora da scoprire, anche in Italia”più importante è la sincerità. Chi riesce a fingerla meglio degli altri vince”.
Industria della disinformazione
DAVID PARENZO
L
e fake news sono antiche come la
RADIO 24
storia. E proprio la storia ci inse
gna che il loro impatto può essere devastante. Pensiamo ad esempio ai Protocolli dei Savi di Sion, forse la fake news più famosa (e quella certamente più catastrofica per gli effetti che ha provocato nella persecuzione antiebraica). Ma proprio nel pensiero di chi ci ha preceduto troviamo la chiave per comprendere e smascherare il fenomeno. Nel Talmud c’è una larga
parte dedicata alla fabbricazione delle falsità e sul loro impatto sulle comunità (si veda “Il Trattato delle Benedizioni”, il Be-rakhòt recentemente ripubblicato da Giuntina): vi si scrive che la chiave di ogni falsità è la verosimiglianza, ovvero la piccola percentuale di verità che deve contenere. Una fake news, per essere tale, non può affermare che gli elefanti volano. Ma può muovere da un fatto vero per approdare a conclusioni del tutto fasulle. Per tornare ai Protocolli dei Savi di Sion: è vero che gli ebrei si riunivano in Sinagoga, ma ovviamente non è vero che si riunivano per tramare contro lo Zar. Lo stesso accade, oggi, per le falsità diffuse ad esempio dai Cinque Stelle sui vaccini: è vero, purtroppo, che qualcuno è morto dopo essersi vaccinato; ma non è vero che quelle persone sono morte a causa dei vaccini. Torna d’attualità la saggezza di Alessandro Manzoni, che con la sua Storia della Colonna Infame ci ha regalato un immortale ritratto delle fake news, secondo il quale “il buon senso c’era, ma se ne stava nascosto per paura del senso comune” (che Beniamino Placido chiosava così: “Il popolo detiene il senso comune, che tuttavia non coincide sempre con il buon senso”). La chiave per sconfiggere le falsità è dunque smascherarne il meccanismo della verosimiglianza”
SEBASTIANO MESSINA
Q
ual è secondo lei l’impatto reale delle
LA REPUBBLICA fake news? “Circolano da sempre. Un secolo fa, nel 1921, lo storico Marc Bloch spiegava che «una falsa no­tizia nasce sempre da rappresentazioni collettive che preesistono alla sua na­scita, perché le immaginazioni sono già preparate». E anche allora venivano utilizzate come strumento di lotta poli­tica, però non avevano un veicolo che le diffondesse così rapidamente su larga scala. Quello che è cambiato, rispetto a un secolo fa, è che oggi una rete ben organizzata di siti sulla carta indipendenti ma in realtà convergenti su un unico obiettivo, può sfruttare Facebook e Twitter per diffondere in pochi minuti su larga scala una balla ben confezionata che scredita o diffama un soggetto politico, e rimbalzando da una pagina all’altra questa balla raggiunge cen­tinaia di migliaia di persone che la prendono per buona perché magari viene spacciata sotto una testata falsa ma verosimile, ma soprattutto perché tendono a credere a qualunque notizia nega­tiva sui loro avversari politici. Qualche giorno fa un mio amico e collega, Vittorio Zambardino, un pioniere del giornalismo sul web, raccontava su Facebook di aver provato “un vero brivido di paura” vedendo quante persone che avrebbero tutti gli an­ticorpi culturali per non credere alle fake news avevano preso per buona la bufala dei 94 miliardi regalati dal governo ai ge­stori di slot machine. Ecco, io credo che la goliardia c’entri ben poco con tutto questo. Ci troviamo di fronte a un meccanismo diabolico, la cui pericolosità è stata per troppo tempo sottova­lutata, che può inquinare pesantemente il gioco democratico e alterare il libero convincimento degli elettori. E credo anche che l’autoregolamentazione dei social network sia utile ma non suf­ficiente: ormai i tempi per una legge non ci sono più, ma forse bisognerebbe intervenire con un decreto legge che consentisse di individuare in tempo reale e punire severamente chi usa le fake news per guadagnare voti ingannando gli italiani”.
E intanto “La Stampa” aggiunge un tassello: uomo di Di Maio regista delle fake news?
Industria della disinformazione
Intervista a Stefano Epifani
Contro le falsità non serve una legge, ma più cultura

Carla Attianese CONDIVIDI SU

AAll’inizio erano semplici ‘bufale’, notizie farlocche messe in giro senza troppa cattiveria. Poi sono arrivati Putin, le ingerenze russe, le lobby della menzogna a fini politici ed economici, e la bufala è diventata ‘fake news’. Per dare un contributo alla discussione, il Digital Transformation Institute ha pubblicato il Decalogo sulle fake news, come si legge nel titolo dello studio: ’10 regole per affrontare il problema’. Ne parla con Democratica Stefano Epifani, presidente dell’istituto e docente di Social Media Studies all’Università La Sapienza, autore del manifesto insieme ad Alberto Marinelli e Giovanni Boccia Artieri.
Professore, ci parli del decalogo. Com’è nata l’idea di questo lavoro?
L’intento è quello di contribuire alla discussione con un approccio di ricerca. Abbiamo costruito il decalogo attraverso un processo di confronto tra esperti, con l’obiettivo di mettere insieme un sistema di competenze che andasse aldilà delle polemiche. L’assunto principale è uno spostamento dell’asse: il dibattito pubblico è sui social network, mentre invece il problema è di consapevolezza. Il problema nasce dal fatto che soprattutto in Italia non ci siamo mai occupati di media literacy.
Si è parlato di una possibile legge. Lei cosa ne pensa?
Noi diciamo che fare qualcosa in termini legislativi non solo è inutile, ma pericoloso. Oggi viviamo una dinamica prettamente politica, ma il meccanismo delle bufale va oltre. Quello
che è mutato è l’ecosistema informativo: oggi abbiamo una marea di persone che non hanno idea di come muoversi in questo nuovo contesto. Un approccio legislativo darebbe un ruolo centrale ai social network, che diventerebbero i decisori della verità.
Eppure c’è chi chiede più trasparenza per i siti di informazione.
Più che regolare l’informazione dobbiamo creare consapevolezza negli utenti. Possiamo mettere le persone in condizione di comprendere le dinamiche delle fake news: non è detto che una bufala nasca tale, ormai l’informazione è memetica, e i meme hanno un meccanismo inferenziale per cui una cosa quasi vera diventa tutt’altro dopo dieci passaggi. Si può dire che il problema delle fake news non sono le fake news, ma gli occhi di chi legge, e questo riguarda tutti i ceti sociali.
Resta il fatto che dietro ai falsari dell’informazione pare ci siano grandi interessi, sia politici che economici.
Certo la partita sulle fake news è molto più economica che politica. È un qualcosa che c’è da sempre, solo che oggi si alimenta di nuovi canali, ma con una risposta normativa a un fenomeno borderline otterremmo solo che dopo due minuti quello stesso fenomeno si riorganizza. A volte la politica ha bisogno di trovare risposte semplici a questioni complesse.
Mentre faccio crescere la consapevolezza non è giusto provare comunque ad arginare il fenomeno?
Certo alcune cose si potrebbero fare, ma rischiano di essere inefficaci perché semplicemente non le vogliamo vedere. Il problema è che negli utenti c’è una specie di rimozione della necessità di conoscere la verità. Nella post
verità la dimensione della testa è secondaria rispetto all’istanza emotiva, Per questo la soluzione che proponiamo è basata su meccanismi che intercettano dinamiche che gli utenti conoscono. Se una notizia è falsa si possono fare due cose: sviluppare meccanismi automatici basati ad esempio sui big data, oppure sfruttare la dimensione collaborativa della rete, ossia le segnalazioni.
Da più parti si è lanciato un allarme in vista delle elezioni. Una soluzione di lungo periodo può bastare?
L’allarme c’è, ma penso che una cura normativa affrettata da qui al 2018 rischi di essere di gran lunga peggiore del male. L’unica soluzione è la consapevolezza diffusa. Certo i risultati non arrivano subito, ma possono esserci soluzioni di medio periodo, come ad esempio usare un mezzo ancora diffusissimo come la Tv. Facciamo formazione tramite il servizio pubblico, in fondo la Rai è nata per questo. Ciò che serve è un’opera di alfabetizzazione diffusa che includa la Rai, le scuole, gli ordini professionali, le Università e via dicendo. Insomma vanno usati tutti gli strumenti utili a creare maggiore consapevolezza.
Il Pd ha pubblicato il primo report sulla disinformazione in rete. Cosa ne pensa?
L’idea di sviluppare un report periodico è ottima e lodevole, perché contrasta il fenomeno e fa comunicazione politica intelligente. Certo è anche una responsabilità, perché definire cosa è fakenews – per un partito – può essere delicato e richiede un approccio serio e una forte etica. Ma rappresenta anche un esercizio di formazione per tutti i suoi (e)lettori, e qualsiasi cosa stimoli una riflessione culturale sul tema è preziosa e benvenuta.
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SU DEMOCRATICA.COM
Mondo.com
Alabama shock, tutti giù dal cavallo di Trump
La sconfitta di Moore è una vittoria dei movimenti anti-molestie e anti-Trump

Stefano Cagelli CONDIVIDI SU

EEra una delle elezioni locali più seguite d’America ed ha riservato una sorpresa che in pochi, nonostante la vigilia travagliata, avevano preventivato. Nel voto che assegnava il seggio dell’A
labama al Senaton (lasciato vacante da Jeff
Sessions, nominato ministro della Giustizia),
il democratico Doug Jones ha avuto la meglio
sul repubblicano Roy Moore. Era dal 1992
che il partito dell’asinello non otteneva una
vittoria nel cosiddetto Yellowhammer State.
Un risultato che assottiglia la maggioranza
repubblicana in Senato, che scende di un
seggio, a 51, contro i 49 dell’opposizione.
L’esito del voto è considerato, a tutti gli ef
fetti, la prima grande sconfitta di Donald Tru
mp. Neppure l’annunciato trionfo di Bill De
Blasio, rieletto sindaco a New York con per
centuali “bulgare”, aveva avuto un impatto
simile. In primo luogo perché, come detto,
l’Alabama è uno degli Stati “rossi” per eccel
lenza. Ma soprattutto perché la sconfitta di Moore è il frutto della convergenza di due movimenti d’opinione che rischiano di condizionare pesantemente i prossimi appuntamenti elettorali: il movimento anti-molestie
e quello anti-Trump.
Il settantenne Moore, giunto al seggio elettorale a cavallo, non era una candidato qualsiasi, anzi. Nelle ultime settimane ben nove donne avevano denunciato di aver subito pesanti molestie sessuali da parte dell’esponente ultraconservatore, tra gli anni settanta e gli ottanta. Assalti, avance non gradite, anche a danno di ragazze minorenni.
Le rivelazioni hanno fatto il
giro di tutti gli Stati Uniti e il voto si è trasformato in un giudizio universale su Moore, che nell’immaginario collettivo si è trasformato in una specie di Weinstein (il produttore cinematografico accusato di mo-
Dal 1992 i democratici non vincevano un’elezione nel Yellowhammer State
lestie) della politica. Il problema è che Trump – per arroganza e insipienza – è riuscito a trasformare questo voto in un giudizio anche su di lui. Mentre tutti scappavano da Moore (tra gli altri Condoleezza Rice, repubblicana, segretario di Stato dell’amministra
zione Bush jr e originaria dell’Alabama, ha invitato a non votare per lui), il presidente non ha mai fatto manca
re il suo appoggio. Anzi, negli ultimi giorni l’ha incoraggiato, parlando delle accuse di molestie “come di falsità inventate dai democratici”.
La risposta dell’elettorato è stata clamorosa: è vero, Jones ha vinto di misura, ma in Alabama, alle elezioni federali, Trump aveva
ottenuto il 60% delle preferenze. Una botta che condizionerà (negativamente per lui, positivamente per il resto del mondo) l’agenda politica del presidente Usa.
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SU DEMOCRATICA.COM
E intanto Macron lancia l’allarme sul clima

blema, sottolinea Macron, è che “non andia-
S.
C. CONDIVIDI SU
mo abbastanza veloci e questo è il dramma: dobbiamo muoverci tutti, perché saremo tutti chiamati a rendere conto delle nostre
AAnche sul clima, come anche sul
azioni”. Per questo durante il vertice l’uffi-tema di Gerusalemme capitale d’I
cio del presidente francese ha annunciato sraele, è di nuovo battaglia contro
12 progetti che prevedono un investimento gli Stati Uniti di Donald Trump. Per
di centinaia di milioni di dollari nello svilup-la seconda volta nel giro di pochi giorni, il
po di auto elettriche in otto stati americani, presidente francese Emmanuel Macron at-
per un fondo di investimento per i paesi ca-tacca gli Usa e rafforza la sua posizione a li-
raibici colpiti dagli uragani e per finanziare vello internazionale come vero anti-Trump.
la fondazione di Bill Gates a sostegno degli A due anni dagli accordi di Parigi sul cli-
agricoltori. ma si rischia di fare passi indietro anziché
“Il mondo va avanti, va avanti anche sen-progredire. E l’allarme lo lancia lo stesso
za gli Stati Uniti e loro rischiano di perdere Macron al vertice organizzato nella capitale
un’occasione per la loro economia e per il francese, One Planet Summit. “Stiamo per-
loro ambiente”, ha detto il ministro dell’Amdendo la battaglia contro il riscaldamento
biente Gian Luca Galletti che ha portato i climatico”, ha detto il presidente francese
buoni risultati dell’Italia. davanti ai capi di Stato e di governo. Il pro
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